
In termini tecnici si chiama disforia di genere, in pratica è uno stato di incertezza sull’identità sessuale, spesso doloroso. Che per risolverlo va riconosciuto, compreso e supportato
E se un giorno a casa, a tavola, vostro figlio/a vi dicesse:
Sapete, credo di non riconoscermi più, da tempo, nel mio corpo e nel mio ruolo sociale che finora ho avuto assegnato sin dalla nascita
Cominciano spesso così, all’improvviso, le storie di tanti giovani, che pur percependo questo disagio psico-corporeo non hanno ancora avuto la forza per affermarlo. Lo chiamano coming out, in senso vagamente dispregiativo. Io preferisco pensare che sia una azione di chiarezza esistenziale, dolorosa ma liberatoria; rivelare, svelare agli altri un segreto intimo. In termini medici si chiama disforia di genere. In termini pratici si tratta di una condizione che sempre più va assumendo i connotati di una “non malattia” in senso tradizionale.
Infatti non sappiamo perché viene, né abbiamo una terapia specifica per curarla. Abbiamo però per certo gli strumenti per riconoscerla e supportarla. E più la conosciamo più convinzioni e preconcetti traballano, le nostre certezze si sgretolano.
Ragazzi/e semplici, solidi, di qualsiasi livello socio-economico, cresciuti bene in ambienti familiari “normali”, culturalmente validi, sensibili, ma decisi ad intraprendere un cammino di identificazione che ha atteso da tempo. E il cammino non sarà una passeggiata: strappi affettivi, strappi amicali, strappi sociali, un nuovo ruolo da ridisegnarsi addosso, e poi un lungo percorso di transizione, ormonale e chirurgica, che segnerà per sempre lo strappo con il corpo di prima.
Abbiamo tutti, genitori, insegnanti, educatori, medici, l’obbligo di conoscere il fenomeno in sé, ma soprattutto le storie di ciascuno. Abbiamo altresì la responsabilità di intervenire con appropriate azioni di aiuto a tutela e vantaggio dei giovani che abbiamo in carico. Nessuno ritenga di non essere coinvolto o non coinvolgibile in questa presa di coscienza, nessuno pensi di giudicare comportamenti e persone.
Il nostro ruolo è ben chiaro: aiutare a discernere, accompagnare con gli strumenti adeguati.
Qualche consiglio pratico per finire.
Ai ragazzi dico:
non ghettizzatevi, non usate la vostra condizione come disabilitante, vivete in pienezza il vostro nuovo ruolo, nella vita di tutti i giorni.
Ai genitori:
non osteggiate a priori, non alzate muri. Provate a capire, discutere con delicatezza.
La cosa più importante è esserci!
Agli educatori:
acquisite competenze, siate attenti ai segnali, mantenete il vostro ruolo insostituibile di prime sentinelle nella vita dei ragazzi.
Ai pediatri ed a tutti i medici:
che hanno la responsabilità della salute dei giovani raccomando aggiornamento continuo, capacità di fare rete con i centri specifici ormai presenti in diverse realtà sanitarie, mantenendo però un coinvolgimento attivo nella gestione complessiva.
Passare responsabilità ma mai sottrarsi alle proprie.
Le parole per capire
Sesso biologico. Come si nasce: maschile o femminile (genitali e aspetto fisico)
Genere. Come si vive: da maschi o da femmine (ruolo psico-socio-culturale)
Disforia di Genere, Incongruenza di Genere, Disturbo di Identità di Genere. Sono sinonimi.
Transgender. Persona che acquisisce una identità di genere diversa da quella biologica della nascita.
Transizione farmacologica. Percorso di induzione delle caratteristiche somatiche desiderate tramite terapie mediche ormonali.
Transizione chirurgica. Percorso di completamento chirurgico della transizione. Può comprendere mastectomia, istero-ovariectomia, gonadectomia, vaginoplastica, falloplastica.
Riassegnazione stato civile. Acquisizione di un nuovo inquadramento civilistico all’anagrafe.
Le 5 cose da sapere
- Non è una malattia, in senso tradizionale, ma un disagio soggettivo espresso sin dalla prima infanzia. La diagnosi quindi non si fa con esami ematici (ormonali o genetici) ma con valutazioni psicologiche.
- Sia il percorso diagnostico che il percorso terapeutico sono rigidamente validati e richiedono almeno due-tre anni per un corretto completamento.
- Vi è la necessità di affidarsi a team qualificati, multi professionali, esperti in materia, che assicurino tutti i supporti necessari.
- Non vi sono cause specifiche o associazioni causa-effetto di alcun tipo (affettive, familiari, economiche, sociali) finora scientificamente dimostrate.
- La qualità di vita dopo la transizione è in linea con le usuali aspettative di ogni persona.
Le 5 cose che non ti aspetteresti
- Fino a pochi anni fa i trans erano prevalentemente nati maschi con percorso verso il genere femminile (MtoF). Oggi invece vi è una netta inversione di tendenza: circa due terzi dei giovani transgender sono di sesso biologico femminile alla nascita che desiderano transitare nel genere maschile (FtoM).
- La percentuale di adolescenti post puberi, in percorso trans, che cambiano idea (desisters) è molto bassa (1-2%).
- Diversi trasgender preferiscono una transizione chirurgica (riassegnazione fenotipica) non completa.
- Alcuni preferiscono conservare i gameti (spermatozoi, ovociti) prima della transizione ormonale e/o chirurgica per una futura riproduzione in vitro…
- Usualmente i transgender hanno una vita di coppia stabile, da eterosessuali.
Endocrinologo dell'età evolutiva