
L’errore è il primo mattone di enormi costruzioni. E cancellare e riscrivere ci dà davvero la possibilità di riflettere e pensare.
Gli adolescenti in un mondo che non hanno scelto
L’adolescenza è una fase evolutiva che va dai 12-14 anni ai 18-20 e in questo breve arco di tempo avvengono le trasformazioni più significative della crescita, a iniziare dal proprio corpo che si trasforma e che spesso viene vissuto come qualcosa di estraneo e ancor più spesso, soprattutto per le ragazze, inidoneo, brutto, odioso secondo i modelli della moda.
A questo si aggiunge che gli adolescenti non sono tutti uguali, ma diversissimi tra loro. Sono il frutto ciascuno della propria storia, gettati, dalla nascita, in un mondo che non hanno certamente scelto e nel quale devono progettarsi, ma pur sempre avendo dei punti di riferimento ai quali adeguarsi o contro i quali scontrarsi.
La scuola: la prestazione e la paura dell’errore
In questo processo evolutivo la scuola si inserisce come prestazione, da un lato, e dall’altro come insofferenza. Sono pochi quelli che studiano perché sono curiosi e vogliono imparare. Si studia sempre per qualcosa, ma mai per amore. I ragazzi vogliono il voto, ma non la conoscenza, tanto che ci sentiamo dire, dopo l’interrogazione, “Io, però, ho parlato!” come se l’articolare parole sia il massimo della prestazione.
Quello che più mi colpisce degli adolescenti con i quali lavoro quotidianamente è la loro paura dell’errore. Spesso scrivono con la matita per poter cancellare, portano il bianchetto e non manca mai la penna cancellabile.
Hanno fretta, vogliono ottenere tutto con il minimo sforzo. Una maggiore richiesta di concentrazione fa venire subito il mal di testa, si sentono ingiustamente valutati se prendono un voto inferiore alle loro aspettative e subito giunge il genitore a reclamare i motivi di quel voto: “Mio figlio/a studia tanto e deve avere bei voti”. Sillogismo valido, ma non vero.
Di fronte alla più piccola difficoltà, si perdono. Invece di prendere i remi e faticare per proseguire aspettano il vento e, così facendo, diventano sempre più fragili e di fronte a eventi improvvisi sono disarmati e crollano.
Il futuro non è una performance esteticamente ineccepibile
Insegno Storia e Filosofia in un Liceo Scientifico, Quello che mi impegno a fare ogni giorno non è entrare in classe e insegnare loro il pensiero di Aristotele o l’anno dell’inizio della Prima guerra mondiale. O meglio, sì anche questo. Ma mi illudo di credere che, tra una nozione e l’altra, riesca anche a insegnare il motivo per cui quella conoscenza potrebbe essere loro utile in futuro.
Perché il futuro, questa parola che quando sei giovane prende le sembianze di un viale lungo lungo e tetro, alla fin fine non è molto diverso dal corridoio di un istituto scolastico in una periferia qualsiasi. Sul quale, a dispetto di tutte le matite e penne cancellabili del mondo, capita anche di scivolare, cadere, prendersi una bella storta. Stiamo andando verso un futuro in cui ci hanno inculcato che capitomboli e cancellature di penna su penna siano motivo di vergogna. Che la performance è quella esteticamente ineccepibile.
Cancellare e riscrivere. Per riflettere e pensare
Ma come si fa a pensare questo e come si fa a farlo credere a loro? Per come la vedo io, e per come l’ho vissuta io, la vita è un susseguirsi di pagine scarabocchiate e riscritte, caviglie slogate e, qualche volta, pure rotte.
L’errore, quella parola che oggi vuol dire tutto e niente, è il primo mattone di enormi costruzioni. E va benissimo cancellare e riscrivere, accartocciare il foglio e sprecarne un altro. Questo è quello che ci dà davvero la possibilità di riflettere e pensare: perché ho scritto questa cosa? Ne sono davvero convinto? Quale potrebbe essere l’obiezione che mi verrà mossa per averlo scritto?
Qual è il numero perfetto
E, se proprio vogliamo far finta di non stare in quel mondo in cui il dieci è il numero perfetto, diciamo pure che la scuola è questo, al di là dei voti: è l’illusione quotidiana di alcuni insegnanti di aiutare i ragazzi a pensare, a fermarsi, a riflettere, a cancellare, a ripartire. E tutto questo tirare righe imperfette su intere frasi è quello che, alla fine, fa loro scoprire il piacere della conoscenza. E pure il piacere di vivere.
Io non sono una professoressa di matematica, anzi con la matematica ho tanti problemi. Però qualcuno dovrebbe dirglielo ai ragazzi, per il loro futuro, che il numero perfetto è sempre stato tre e non dieci.
Stefania Pagano – Insegnante, Fratta Maggiore (NA)
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