
L’importanza di una visione sistemica, che coinvolga tutti gli attori dell’educazione e della formazione, Famiglia, Scuola e Società.
Le professioni viste dai genitori e dai figli
Dirigo un Istituto Tecnico e Professionale. Fascia di età: 14-19 anni (ma anche 20 e 21 viste le ripetenze). Formiamo esperti di meccatronica e domotica, meccanici, odontotecnici, estetiste, acconciatori, social media manager. Le aziende se li contendono, sollecitano percorsi ad hoc. Chiedono costantemente nominativi da inserire nei loro organici (eppure la percentuale dei disoccupati nel nostro paese è uno degli argomenti più gettonati!). Professioni tradizionali che negli anni hanno subito una naturale evoluzione, spesso poco compresa dagli stessi ragazzi e dalle famiglie. Un profondo gap tra quanto esiste nell’immaginario dei genitori, che trasmettono modelli consolidati ma superati, e quanto i nostri adolescenti percepiscono e coltivano nelle loro menti.
Progetti, sogni e la paura di essere delusi
I vari luoghi comuni ci dicono che i ragazzi e le ragazze non sognano, non si impegnano, non hanno obiettivi: ma il vero problema è l’approccio dell’interlocutore. Spesso ricevo nel mio ufficio genitori e figli, genitori tra il rassegnato e il disperato, che si trascinano da una scuola all’altra alla ricerca di un percorso che trasformi l’adolescente quasi magicamente nel classico bravo ragazzo diplomato-laureato-lavoratore. Genitori impotenti davanti ad un figlio che non mostra interesse per nessuna delle proposte didattiche (e non), figli che sono palesemente persi in un mondo estraneo al genitore, infastiditi dalle sollecitazioni e indifferenti ad ogni proposta. E in quel momento, se chiedo genericamente a quell’adolescente annoiato dove e come si immagina tra dieci anni, non avrò risposta intellegibile o al massimo qualche vago riferimento a professioni note e veicolate dalla famiglia. Ma se riesco a scavare, se esamino anche quanto emerge nelle classi, dai colloqui con i docenti o con lo psicologo della scuola, il quadro è profondamente diverso. La prima scoperta è l’ambivalenza di sentimenti. Da una parte si percepiscono paura e sconforto, disillusione e disinteresse, a volte aggressività e violenza. Dall’altra emergono progetti e sogni, semplici o potenti e importanti, che solo il timore profondo di essere delusi o di non esserne all’altezza seppellisce nel loro profondo e troppo spesso, porta alla rinuncia.
Adolescenti, servono certezze o consapevolezza?
Credo sia un problema tipico dell’età ma anche generato da noi: la nostra generazione nata negli anni 60/70 ha smontato le certezze degli adolescenti di una volta (il lavoro, l’amore, la famiglia e i figli, la politica, la ribellione). Quelli di oggi sono messi di fronte ad una società liquida, chiamati a ricostruire il futuro (e chi sa come si fa?) e noi dovremmo guidarli ma soprattutto aiutarli attraverso un profondo sentimento di fiducia nei loro confronti. Non servono certezze assolute (che oggettivamente nessuno oggi può garantire) ma piuttosto dobbiamo restituire loro la consapevolezza che hanno gli strumenti per costruire il loro futuro, che esistono margini di intervento, che la professione adatta magari ancora non esiste ma che la famiglia, la scuola, l’impegno, le sfide quotidiane sono determinanti per costruire quel percorso di crescita che permetterà loro di camminare in autonomia.
Contrastare il disagio degli adolescenti
Un’altra connotazione del mondo adolescenziale attuale sono le crisi di panico, il ritiro sociale, la dipendenza dal telefonino, dai social, dall’alcol e dalle droghe. Fenomeni che parlano di disinteresse nei confronti del mondo, sfiducia verso l’adulto, sprezzo del pericolo, ma anche e soprattutto di incapacità di relazionarsi e di proiettarsi nel futuro. Fenomeni pericolosi per i nostri ragazzi cresciuti durante l’emergenza Covid-19, diffusi in ogni fascia sociale e di cui tutti abbiamo responsabilità. E intanto, in attesa di un indispensabile intervento, strutturato e coordinato, le scuole percepiscono il profondo disagio, non rimangono inermi e si ingegnano. Un esempio? Nel mio istituto, è stato istituito uno sportello psicologico per supportare alunni, famiglie e docenti e offrire interventi individuali e di classe. E poi ci siamo dati delle linee guida condivise così da promuovere l’ascolto, l’incoraggiamento, la presa in carico, dando valore positivo all’errore ed evitando il giudizio assoluto. Tante sono le sperimentazioni sul campo, attive nelle scuole (vi suggerisco di esplorare qualche sito come quello delle Avanguardie Educative o della sperimentazione MOF in Italia). Ed è proprio questo che ci porta a sperare: la Scuola è viva, attenta, preoccupata, agisce e si mette in discussione. Ma abbiamo bisogno di aiuto, perché è difficile intervenire senza una visione sistemica, che coinvolga tutti gli attori dell’educazione e della formazione, Famiglia, Scuola e Società. Il dibattito rimane aperto e intanto i nostri adolescenti, in quanto tali, continueranno a stupirci, nel bene e nel male. E noi… dobbiamo esserci!
Marina Marziale – Dirigente Scolastica, San Benedetto del Tronto (AP)
Dirigente scolastica