
La preferenza degli adolescenti per l’informazione via social li espone a più frequenti inganni, sia pure mitigati dalla discussione incrociata coi i coetanei.
L’indagine Agcom del 2019 si sofferma su una criticità: il fatto che gli adolescenti sarebbero più esposti alle notizie false. I dati di quello studio rilevano che il 39% dei ragazzi di 14-17 anni credono spesso alle fake news, mentre in tutte le altre categorie di età ci casca il 33%. Non mi sembra francamente un grave squilibrio, data l’inevitabile inesperienza dei più giovani. Assalti al Campidoglio, manifestazioni novax e complottismi vari ci hanno in seguito mostrato, peraltro, un mondo adulto non proprio avveduto.
Un sondaggio Ipsos del 2022, per Italian Digital Media Observation, è dedicato allo stesso tema. Anche in questo caso i minorenni sono esclusi dal rilevamento. In generale il 73% dei 1000 intervistati dichiara di essere in grado di riconoscere le fake news, ma in particolare i più giovani (18-30 anni) sarebbero i più abili nelle attività di controllo che hanno lo scopo di esaminare il livello di affidabilità e di attendibilità delle informazioni online.
Trattandosi di un’autovalutazione degli intervistati, si può pensare che i più giovani siano semplicemente più presuntuosi. Ma si può anche considerare il fatto che sono anche più “scafati” e rapidi a muoversi sul web e hanno quindi maggiori capacità di controllo. È indubbio comunque che la preferenza degli adolescenti per l’informazione via social, che è la fonte più “pericolosa” in termini di notizie inventate, li espone a più frequenti inganni, sia pure mitigati dalla continua discussione incrociata coi i coetanei.
È evidente l’importanza che avrebbe, in questo, la funzione di guida degli adulti, quelli più avveduti, in particolare genitori e insegnanti. I quali, anziché vietare gli smartphone, dovrebbero, almeno nel campo dell’informazione, assumersi il compito di insegnare a usarli.