
Quando lo stimolo è interessante, la mente flessibile dell’adolescente è capace di costruire percorsi di ricerca alternativi. Con l’aiuto della comunicazione tra pari.
È noto che la proliferazione di informazione veloce, sfuggente e superficiale riguarda non solo gli adolescenti, ma l’intera nostra società. Si tratta di vedere se c’è una specificità degli adolescenti nella scelta delle fonti e nelle modalità di fruizione, e se in questa specificità sono ravvisabili competenze e processi nuovi.
Una prima considerazione riguarda l’obsolescenza di alcuni canali (giornali cartacei, televisione) che, sia pure in declino, possono ancora interessare la popolazione adulta. Gli adolescenti non li escludono in assoluto, ma non li considerano abbastanza veloci e interattivi. Talvolta ascoltano il telegiornale all’ora di cena in famiglia: spesso però i servizi televisivi danno per scontati troppi presupposti di linguaggio e di pregresse conoscenze, senza offrire gli strumenti per colmare eventuali lacune. In questo, i genitori possono essere di aiuto a ricostruire i nessi non immediatamente evidenti, a patto che “non esagerino” in analiticità e si limitino a fornire sintetiche risposte immediatamente fruibili.
La preferenza degli adolescenti va in ogni caso a strumenti più agili. Per le notizie di cronaca, i principali canali d’informazione utilizzati sono i notiziari online e i siti dei giornali, ma soprattutto i social media, come Instagram e TikTok, che riportano carrellate di notizie in continuo aggiornamento, aggregate per argomenti, da cui eventualmente risalire alle fonti da cui questi canali stessi si alimentano.
Più articolato è il discorso sulle tematiche specifiche, come le ricerche scolastiche, ma soprattutto le curiosità personali, i problemi individuali (salute, affettività, sessualità ecc.) su cui non si vuole chiedere in famiglia. I principali canali, in questo caso, sono siti e blog dedicati ad ambiti ben definiti (salute, sport, musica ecc.).
Emerge un’osservazione chiave: per gli adolescenti non è tanto importante il dove, ma il come. In sostanza, è la velocità a fungere da criterio: si “googla” dallo smartphone (quasi mai dal PC!) la domanda nel modo più scarno e sintetico possibile, e si accede alla prima risorsa web che appare. Se è abbastanza breve e chiara ci si ferma lì. In caso di dubbio, si confrontano le due o tre risposte successive: se concordano, l’informazione è “automaticamente” vera.
La gerarchia delle fonti è quella sancita da Google: la prima fonte è quella che la maggioranza degli utenti ha già selezionato come più fruibile. Wikipedia è usata non per una sua intrinseca autorevolezza, ma solo quando le sue voci, spesso appena abbozzate, compaiono come prime risposte, con recisa esclusione delle voci più analitiche.
Un ruolo decisivo spetta ai filmati di YouTube: la potenza della narrazione per immagini (al di là dei “tutorial” su qualsiasi argomento) può favorire l’avvio di una ricerca di informazioni seria, a partire da uno stimolo anche solo occasionale o divertente. Un esempio: i memi, filmati o immagini caricaturali la cui chiave comica e interpretativa è data dal titolo o da brevi frammenti di testo scritto, spingono quasi sempre il fruitore a risalire all’immagine originaria, o a volersi informare sul personaggio o sulla situazione all’origine della scena.
Accade quindi che un ampio orizzonte di riferimenti sia velocemente ricostruito con un lavoro asistematico, ma dinamico, intuitivo, creativo: la mente dell’adolescente si rivela straordinariamente flessibile, e capace di sviluppare procedimenti di ricerca alternativi rispetto alla linearità metodologica prescritta dalla scuola. In questo svolgono un ruolo fondamentale gli amici tanto individualmente, quanto nel gruppo di riferimento. Sia pure attraverso percorsi informali, la conoscenza degli adolescenti, come la conoscenza scientifica, passa attraverso la comunicazione tra pari: non si conosce da soli, l’apprendimento è sempre un processo collettivo.
Professore di filosofia, liceo Berchet, Milano