
Non è vero che gli adolescenti non si informano. La parola a Klea, Leonardo, Yossif, Elena e Rebecca, studenti delle scuole superiori, per sfatare un pregiudizio.
A dispetto di una convinzione (pregiudizio?) piuttosto diffusa, non è vero che gli adolescenti non si informano: solo, lo fanno a modo loro. Premessa: a suffragare questa considerazione non è un’indagine statistica – quindi, nessun campione rappresentativo – ma quattro chiacchiere informali con Klea, Leonardo, Yossif, Elena e Rebecca, tutti studenti delle scuole superiori. Rispondono volentieri alle domande sul loro modo di informarsi, anche o forse proprio perché sono consapevoli di essere vittime del pregiudizio di cui sopra.
«Certo che ci informiamo», è la prima cosa che ti dicono. Ma come? E su cosa? Prevalentemente attraverso i social, ma facendo dei distinguo. Instagram risulta il più gettonato, perché «Facebook è morto» e «TikTok non è molto affidabile, perché c’è dentro di tutto», e poi «lo usano quelli più piccoli» e questo già basta per snobbarlo. Con Instagram, invece, se segui qualcuno che parla di cose che ti interessano, hai sempre informazioni fresche.
Qualcuno “segue” Rainews24 e allora le news arrivano a ripetizione. Quelli che arrivano dai social più che articoli veri e propri sono “titoli” con qualche dettaglio, che vanno comunque bene per farsi un’idea. «Poi, se c’è qualcosa che ci interessa – dicono – si approfondisce da un’altra parte».
Appunto, ma da quale “altra parte”? Google! Una sorta di oracolo dei nostri giorni che ha risposte per tutto a patto di essere in grado di separare la farina dalla crusca. Loro, i rappresentanti della generazione Z, giurano di saperlo fare. L’essenza è comunque che il canale di informazione è quasi esclusivamente Internet.
A sfogliare un giornale di carta – se lo trovano a casa – sono veramente in pochissimi. È roba più da esperienza sensoriale che da fonte di informazione. Resiste appena il telegiornale se accompagna, a seconda dell’organizzazione della vita familiare, la preparazione o il consumo della cena.
L’edicola della generazione Z è il cellulare, dove le notizie si guardano (il video breve è il formato preferito) o si leggono (piacciono le versioni digitali di quotidiani e riviste), ma non si voltano più le pagine: per loro gli “sfogliabili” online hanno fatto – o meritano di fare – più o meno la stessa fine di Facebook.
Le considerazioni critiche sui giornali tradizionali, seppure nella versione da scrollare, condivise da ragazze e ragazzi intervistati, sono due. Primo: le notizie sono scritte con un linguaggio troppo difficile e questo è un forte disincentivo per chi vorrebbe “capirci qualcosa” rispetto al mondo che lo circonda. Da questo punto di vista, tra le testate che secondo gli adolescenti sono comunque pensate per un pubblico adulto, “Il Post” riscuote parecchio successo proprio perché «si sforza di farsi capire».
Secondo: per soddisfare l’esigenza di comprendere la realtà sarebbe importante avere giornali almeno «non troppo schierati». «Niente di male che esistano giornali di parte» – spiegano gli adolescenti – ma non è attraverso questi che puoi capire come stanno le cose: «Prima ti informi, poi, eventualmente, decidi da che parte stare». Separare la notizia dall’opinione: e qui siamo davvero nel campo dell’utopia più sfrenata.
Ma quali sono le “notizie” che interessano di più gli adolescenti? I filoni principali sono due: da una parte c’è tutto ciò che fa parte dello sconfinato e volatile universo dell’entertainment – personaggi, tendenze, eventi, serie, gossip… – (che per i maschi include imprescindibilmente anche il mondo del calcio), dall’altra, ma molto meno rilevante, gli interessi personali.
E tutto il resto? Interessano i grandi temi sociali e le cause in cui gli adolescenti si identificano, a maggior ragione se i protagonisti sono proprio adolescenti o giovani (ad esempio le manifestazioni per la libertà in alcuni Paesi). Continuano a interessare la guerra in Ucraina e gli equilibri politici internazionali, forse per tenere a bada quel senso diffuso di insicurezza che tutti proviamo. Interessano l’altro e l’altrove – «le notizie dall’Europa e dal mondo» – meno quello che accade a casa nostra.
La politica nostrana? I giudizi vanno dal «noiosa» al «nauseante», ma non è chiaro se si riferiscono all’esercizio del potere e alla vita pubblica nel nostro Paese, o al modo in cui i giornali li raccontano. O a entrambi.
Presidente di Laboratorio Adolescenza