
Applicare il modello bio-psico-sociale per consentire anche agli adolescenti affetti da Talassemia di vivere un’adolescenza quanto più serena possibile.
Ad oggi, secondo le stime ufficiali, le malattie croniche colpiscono circa un adolescente su 200: la vita dei ragazzi con una patologia cronica richiede la presa di coscienza e la consapevolezza che la patologia li accompagnerà durante la loro crescita e nei successivi anni di vita.
Nello specifico, la Beta Talassemia è una patologia cronica complessa, ereditaria, ad esordio precoce: le persone affette dalla malattia presentano una diminuzione dell’emoglobina, la proteina contenuta nei globuli rossi che trasporta l’ossigeno, e tale condizione provoca grave anemia e richiede regolari emotrasfusioni. Se viene regolarmente trattata, è una malattia che non compromette la crescita e lo sviluppo dei bambini, ma che necessita di una presa in carico completa e continuativa.
Possiamo quindi ben comprendere come in una fase complessa come l’adolescenza la condizione stessa di malattia, le difficoltà ad essa associate e le cure mediche necessarie possono limitare la corsa all’autonomia del ragazzo o della ragazza rendendo più difficoltoso quel processo di separazione-individuazione dalle figure genitoriali.
La patologia influenza sia il rapporto con il corpo sia lo spazio psichico ed emotivo, ed essendo una costante nella vita del ragazzo può portare a dei cambiamenti importanti nei rapporti sociali, nelle relazioni affettive e nella routine quotidiana. La malattia cronica, in questa circostanza, può facilmente trasmettere la sensazione di essere soli e poco compresi, nel particolare contesto evolutivo dell’adolescenza.
Cosa si può quindi fare per consentire anche agli adolescenti affetti da Talassemia di vivere un’adolescenza quanto più serena possibile? Nell’affrontare un disturbo cronico, che può essere mantenuto sotto controllo ma purtroppo non guarire mai del tutto, la presa in carico non deve essere fatta nell’ottica di dare ai ragazzi solamente i migliori trattamenti clinici possibili, benché ovviamente fondamentali, ma anche di considerare tutti quegli aspetti direttamente legati alla qualità di vita, tra i quali naturalmente le aspirazioni future, i bisogni, la qualità delle relazioni e i valori personali.
Ecco che in quest’ottica l’applicazione del modello bio-psico-sociale risulta essere fondamentale per considerare tutti gli aspetti rilevanti per una buona crescita anche in un contesto di malattia. Tale modello prende in considerazione i tre livelli fondamentali e precisamente quello biologico (il cambiamento corporeo, la crescita fisica, lo sviluppo sessuale), quello psicologico (l’identità corporea, le emozioni, l’affettività, il riconoscimento di sé come individuo) e quello sociale (le relazioni con i pari, le relazioni in ambito famigliare, la voglia di indipendenza).
È stato infatti dimostrato che gli adolescenti (ma anche le loro famiglie) che, nel corso del loro processo di crescita, sono stati seguiti integrando alle cure mediche anche il lavoro e il supporto strutturato alla presa di coscienza di tutti gli aspetti per loro rilevanti, hanno mostrato una comprensione e una mentalizzazione della patologia tale da garantire loro una maturità affettiva ed emotiva addirittura superiore a quella dei coetanei non affetti da patologia cronica (Vanni, 2005).
Al contrario, nei casi in cui la malattia non venga vista nelle sue più ampie accezioni anche attraverso la comunicazione aperta con l’adolescente, tale vuoto comunicativo può avere delle conseguenze sui normali processi evolutivi (Maggiolini, Grassi et al, 2005).
Sarebbe quindi auspicabile che il sostegno ai ragazzi e ai loro famigliari diventi parte integrante del processo clinico, consentendo ai ragazzi affetti da patologia cronica di poter avere spazi di ascolto, confronto e scambio volti proprio a integrare l’esperienza di malattia all’interno del percorso di crescita, così da poter sempre avere una buona aderenza al percorso di cura e al rapporto con i famigliari, il personale sanitario e i coetanei in un’ottica di crescita costruttiva.
Psicologa Fondazione De Marchi