
Intervista a Benito Benedini, imprenditore di lungo corso in Italia e all’estero, già presidente della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro e di Assolombarda, e presidente della Fondazione Cardiologica Angelo De Gasperis ETS.
Dopo le scuole superiori, alcune ragazze e ragazzi si iscrivono all’università e altri si affacciano direttamente al mondo del lavoro. Che suggerimento può dare a chi si prepara a compiere uno di questi due “grandi passi”?
Il mondo del lavoro è un mondo complesso, fatto di tanti ambiti, mestieri e professioni. Il digitale ha moltiplicato le opportunità ma anche la complessità. Non c’è Gps che indichi il percorso da seguire perché non esiste una mappa, e non esiste una mappa perché non ha senso tentare di tracciarla: la fluidità e il dinamismo del contesto professionale la renderebbero obsoleta in un batter di ciglia. In questo terreno ricco di possibilità e insidie, quanto più è difficile stabilire a priori le tappe di un percorso di costruzione del proprio futuro, tanto più è necessario conoscere a fondo il punto di partenza: i propri talenti, le proprie competenze, interessi, propensioni, limiti…
Non esiste persona adatta a qualunque ambito professionale, né professione adatta a qualunque persona. “Conosci te stesso”, l’esortazione iscritta nel tempio di Apollo a Delfi, vale ancora dopo più di 2mila anni.
Quali competenze possiede un adolescente che non ha ancora avuto l’opportunità di mettersi alla prova in ambito professionale?
Quelle che ragazze e ragazzi costruiscono e consolidano negli ambiti che sono soliti frequentare fuori dalla famiglia e dalla scuola in senso stretto: dalle attività scolastiche extracurricolari allo sport, dai piccoli lavori stagionali ai tanti contesti legati agli interessi personali.
Riuscire ad assolvere agli impegni scolastici e a coltivare le proprie passioni a un certo livello nello stesso tempo non è scontato, ed è una seppur limitata “messa alla prova”. È un’opportunità per misurare l’intensità del proprio interesse per qualcosa a cui si tiene, per confrontarsi con scelte da compiere, per mettere in discussione priorità che non sono mai scontate.
È la vita “fuori dal bozzolo” che allena a gestire situazioni che a livello professionale faranno parte della quotidianità.
Un altro “fuori dal bozzolo” per costruire questo bagaglio iniziale di competenze?
Fare un’esperienza extra-familiare all’estero prima possibile, senza aspettare un eventuale Erasmus o l’iscrizione a un ateneo internazionale. Non solo il bagaglio didattico ne beneficerà in termini di conoscenze linguistiche: le competenze a cui accennavo prima e la consapevolezza di sé ne usciranno enormemente rafforzate. Le imprese – cioè il contesto lavorativo al quale è destinata la maggioranza di coloro che escono dalle scuole e dalle università – lo sanno e lo apprezzano.
Evidentemente non tutte le famiglie possono permettersi di sostenere economicamente un adolescente per un anno o alcuni mesi all’estero. Ma ci sono organizzazioni che mettono a disposizione borse di studio per consentire anche a chi non ne ha i mezzi di affrontare questo tipo di esperienza: certo, bisogna meritarlo con un rendimento scolastico elevato e una motivazione davvero forte.
Un altro ambito che suggerisco di sperimentare prima possibile è quello del volontariato, ma non ha senso, sia chiaro, fare questo tipo di esperienza al solo scopo di inserirla nel curriculum: le motivazioni devono sempre derivare da valori e interessi personali, e dalla volontà di confrontarsi con un mondo altro. Anche in Italia, il Terzo settore è una realtà sempre più strutturata che offre spazi di grande interesse.
Già al terzo anno delle scuole superiori gli adolescenti cominciano a guardarsi intorno. Dove – e soprattutto come – dovrebbero indirizzarsi?
Fanno benissimo a guardarsi intorno anche quando non hanno ancora chiaro in che direzione farlo. Anzi, non avere ancora preferenze e propensioni già consolidate consente una ricerca e una lettura delle informazioni più oggettiva, che non rischia di trasformarsi in una ricerca di conferme. Il confronto tra l’esplorazione a 360 gradi e la conoscenza di sé stessi permetterà di restringere il campo.
Quanto al “dove”, è un dato di fatto che oggi alcune discipline – a partire da quelle del gruppo Stem – offrono un maggior grado di impiegabilità, ma proprio la mia esperienza imprenditoriale mi fa dire che i criteri da privilegiare per scegliere il proprio percorso universitario siano altri: va dove ti porta in cuore, potremmo dire, o dove ti porta la curiosità che, specie oggi, è un talento chiave da coltivare.