
Non bastavano le conseguenze della pandemia, pagate duramente dalla scuola. Ora arriva anche la “nuova” pedagogia del merito e dell’esclusione.
La nuova pedagogia: umiliare per educare
Per i pochi e politicamente insignificanti adolescenti e giovani di oggi corre proprio un brutto momento. Non bastavano i danni provocati dal Covid prima e dalla guerra in Ucraina poi. Adesso ai nostri ragazzi tocca anche la nuova pedagogia che vorrebbe instaurare il ministro dell’istruzione e del merito Giuseppe Valditara: umiliare per educare.
In occasione di un evento pubblico a Milano, ha dichiarato infatti: “Soltanto lavorando per la collettività, umiliandosi anche, si prende la responsabilità dei propri atti. Evviva l’umiliazione! L’umiliazione è un fattore fondamentale nella crescita di fronte ai propri compagni. Da lì nasce il riscatto. Da lì nasce la maturazione. Da lì nasce la responsabilizzazione”. Parole sue, subito smentite: per noi “immeritevoli” che non lo capiamo?
L’idea, non nuova, che ci riporta indietro di decenni, è che l’umiliazione possa produrre un effetto educativo sugli studenti. Il tutto dovrebbe svolgersi all’interno della comunità scolastica dove il reo dovrebbe mostrare la propria colpa davanti ai compagni, sottoponendosi al rito dell’umiliazione ed espiare così il malfatto, convinto il “nostro” che l’umiliazione possa strutturare positivamente la personalità del ragazzo ribelle.
Le emozioni riflessive
Peccato che gli studi psicopedagogici e sociali spieghino che le emozioni riflessive, quale è l’umiliazione, generano invece l’effetto contrario. L’umiliazione e la conseguente vergogna producono infatti grossi problemi di autostima e conseguenti comportamenti di aggressività e violenza nelle persone sottoposte alla gogna pubblica. L’umiliazione diventa un catalizzatore per la rabbia più che per il riscatto di sé, facile pretesto per covare rancori e vendetta, portando a chiudersi verso il mondo esterno. Esattamente il contrario quindi di un percorso verso una maturità equilibrata, aperta al confronto con gli altri.
Scuola: sostituire il merito al diritto all’istruzione?
Secondo il ministro, la scuola, contesto educativo per eccellenza, invece di mettere a confronto i ragazzi con regole riconosciute e inclusive sulla base di modelli comportamentali e pratiche sociali orientate alla riproduzione del legame sociale, dovrebbe limitarsi a punire e umiliare chi ha commesso un danno. Quindi la scuola, anziché essere inclusiva, volta al successo formativo di tutti i ragazzi, anche quelli privi di mezzi come ci ricorda la Costituzione, dovrebbe emarginarli ed escluderli perché classificati come ”devianti”.
Ecco quale sarebbe il compito della scuola: selezionare gli studenti con l’alibi del merito e dell’eccellenza, senza tener conto dei livelli di partenza di ciascuno. Sostituire il merito al diritto all’istruzione.
Se poi aggiungiamo un altro tassello abbiamo il quadro completo che ha in mente Valditara: col taglio previsto di 700 scuole che sarà approvato con la prossima legge finanziaria, verranno meno preziose risorse umane ed economiche per colmare i divari esistenti soprattutto nelle zone più svantaggiate, dando un colpo decisivo a quel che resta del sistema scolastico pubblico in Italia.
Rocco Cafarelli
Dirigente scolastico