
Quello che sappiamo sui Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. Le molteplici cause, i sintomi e i comportamenti caratteristici
Nelle società maggiormente evolute l’assunzione di cibo risulta relativamente indipendente dalle esigenze strettamente biologiche legate alla funzione nutritiva. L’alimentazione è infatti sempre più un “fatto” sociale, un mezzo per condividere, un’occasione per creare e coltivare rapporti sociali. La relazione col cibo, tuttavia, può divenire così disfunzionale da assumere i connotati di una vera patologia e comunicare un disagio profondo tanto da essere connotato come disturbo psichico. Si parla allora di disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione (DNA), così come vengono definiti i disturbi del comportamento alimentare nell’ultima revisione del manuale diagnostico (DSM-V). Tra questi i principali sono: anoressia nervosa, bulimia nervosa e disturbo da alimentazione incontrollata (binge-eating disorder – BED); occorre ricordare che esistono diverse forme più “sfumate” che rientrano nelle categorie subcliniche del disturbo.
I disturbi della nutrizione sono caratterizzati da una alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso e per le forme del corpo. Insorgono prevalentemente durante l’adolescenza e colpiscono soprattutto il sesso femminile. I DNA rappresentano una patologia complessa, in aumento nei Paesi industrializzati occidentali.
LE POSSIBILI CAUSE
A determinarne l’insorgenza concorrono fattori genetici, biologici, psicologici, familiari, e socioculturali, sebbene l’eziologia non sia ancora del tutto chiara. Ciò che, invece, è appurato, è l’impatto che hanno sul benessere dell’individuo e di tutto il nucleo familiare cui appartiene.
Oltre ad una sempre maggiore precocità, preoccupa la comorbidità con altri disturbi psichici. Spesso il disturbo alimentare è infatti associato ad altre patologie psichiatriche, in particolare la depressione, ma anche i disturbi d’ansia, l’abuso di alcool o di sostanze, il disturbo ossessivo-compulsivo e i disturbi di personalità.
Possono essere presenti anche comportamenti autoaggressivi, come atti autolesionistici (ad esempio graffiarsi o tagliarsi fino a procurarsi delle piccole ferite, bruciarsi parti del corpo) e tentativi di suicidio.
In generale, la maggiore vulnerabilità osservata nei soggetti di sesso femminile (adolescenti o giovani adulte) sembra indicare che questi disturbi siano associati a difficoltà nelle fasi di passaggio dall’infanzia alla vita adulta, scatenate dai cambiamenti fisici e ormonali che caratterizzano la pubertà. Vari studi sembrano suggerire inoltre come i fattori genetici giochino un ruolo importante, anche se le indagini genetiche non hanno dato risultati conclusivi.
I fattori ambientali sono molteplici e possono essere suddivisi in precoci e tardivi. I primi sono quei fattori di rischio che interferiscono con le prime fasi del neurosviluppo e che riguardano principalmente il tipo di attaccamento con la figura genitoriale. Questi fattori includono le condizioni di vita intrauterina, le complicanze perinatali e le separazioni precoci dalle figure di accudimento.
I fattori tardivi, di origine traumatica, invece, contemplano gli abusi nell’infanzia, gli stress psicosociali e le relazioni familiari caratterizzate da una forte conflittualità tra i genitori e tra genitori e figli, l’abuso di sostanze psicoattive e l’esposizione a pressioni verso la magrezza da parte di membri del gruppo familiare o dell’area relazionale e affettiva in cui il soggetto vive.
FATTORI DI RISCHIO
Alcuni tratti di personalità che sembrano essere associati, più di altri, sono: la tendenza al perfezionismo, all’ansia anticipatoria e al rimuginio; impulsività, bisogno di controllo sugli altri e sulla propria vita emotiva, minor senso di autostima. In particolare emergerebbe una generale necessità di controllo che inizialmente si esprime su aspetti potenzialmente gratificanti della vita, come la realizzazione nello studio o nel lavoro, ma anche nelle relazione e nell’affettività. Questi ambiti, tuttavia, vengono percepiti successivamente come troppo complessi e incontrollabili.
I soggetti con disturbi della nutrizione avvertono l’incapacità di controllare i rapporti personali, le proprie emozioni e gli eventi in generale. Via via tendono a ritirarsi e a concentrarsi unicamente sull’alimentazione, a confermare una capacità di autocontrollo tanto anelata quanto illusoria. Gli effetti del digiuno e della perdita di peso aggravano le distorsioni nella percezione dell’immagine corporea e dei segnali interni. Talvolta scatenano crisi bulimiche che a loro volta aumentano l’ansia e la paura di perdere il controllo, inducendo all’utilizzo di meccanismi difensivi come il vomito autoindotto, l’abuso di lassativi e ulteriori restrizioni della dieta.
Anche fattori socioculturali intervengono nella genesi dei DNA. Basti pensare al ruolo svolto dall’ideale di magrezza sviluppatosi negli ultimi 50 anni nei Paesi occidentali: le donne sono incoraggiate a perseguire la magrezza, perché quelle magre sono considerate più intelligenti, competenti e vincenti. Accanto Questo risulta ancor più vero in un’epoca, la nostra, in cui le distanze sono ridotte e l’accesso all’informazione è immediato. Le immagini rimandate dai social network lasciano meno spazio alla parola, portando con sé un confronto che spesso ha conseguenze pesanti sull’autostima e sulla percezione di sé. E’ il modello trovato in internet, talvolta quello che lancia pericolose sfide sui social (le challenge), che chiede di postare storie ed immagini, ad essere seguito. Se questo ideale è proprio anche dei familiari, la pressione cui l’adolescente è sottoposto può divenire insostenibile. La soggezione al mito del successo, il bisogno a rispondere costantemente e pienamente alle attese sociali, la dipendenza dal consenso e dall’ammirazione degli altri sono caratteristiche che ricorrono spesso nelle anamnesi delle pazienti, così come la competitività esasperata di certi ambienti e la richiesta di prestazioni altissime. Il porsi degli obiettivi quasi impossibili da raggiungere espone le persone predisposte a sviluppare un disturbo della nutrizione ad inevitabili fallimenti che vanno a confermare la loro sensazione di inadeguatezza.
I COMPORTAMENTI
La dimensione sociale viene trascurata, ed il soggetto concentra la propria attenzione su attività volte a perseguire il controllo del peso e della forma del corpo, comprese le attività fisiche solitarie prolungate, finalizzate a consumare energia. Queste persone spesso evitano gli inviti a pranzo o a cena di parenti e amici, per la paura di perdere il controllo e mangiare in eccesso, o di essere osservate dagli altri. Nelle fasi iniziali del disturbo dell’alimentazione è frequente un eccessivo impegno scolastico e lavorativo, strettamente legato al perfezionismo, che non lascia tempo ad altre attività di natura interpersonale e ludica. In questa fase le persone possono avere un ottimo profitto scolastico o lavorativo ma, pur ricevendo le lodi degli insegnanti o dei datori di lavoro, raramente sono soddisfatte delle loro prestazioni. Con il progredire del disturbo dell’alimentazione, soprattutto se interviene una marcata perdita di peso, non aumenta solo il ritiro sociale, ma compaiono difficoltà di concentrazione, attenzione e comprensione, che impediscono lo svolgimento di qualsiasi altra attività. Nei disturbi gravi e di lunga durata si riscontrano notevoli difficoltà scolastiche, che possono portare all’abbandono degli studi.
LA PANDEMIA
E’ doveroso infine sottolineare come il periodo appena trascorso abbia messo a dura prova le capacità di resilienza degli adolescenti. La chiusura imposta dal lockdown per la pandemia ancora in essere ha accentuato l’ansia nell’approcciarsi ai pari e nel riconoscere e gestire le proprie emozioni. Questo in un periodo della vita in cui è necessario allontanarsi dal nucleo familiare per sperimentare nuove relazioni e proseguire così nella costruzione della propria identità. Il conflitto “fisiologico” con i genitori si accentua se la convivenza è forzata, talvolta in uno spazio ristretto. La percezione di incomunicabilità tra generazioni e l’impossibilità di rispecchiarsi negli altri, esterni al nucleo familiare, hanno portato molti adolescenti ad avvertire quella sensazione di vuoto, da una parte, e di mancanza di confini, dall’altra, che trovano sempre più frequentemente sfogo nella ricerca spasmodica di cibo o al contrario nel controllo eccessivo di qualsiasi introito esterno.
I genitori, gli insegnanti, i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta giocano un ruolo di primo piano nell’individuazione di quei segnali di rischio che conducono allo strutturarsi di un vero e proprio disturbo.
Quanto più si riesce ad intervenire precocemente tanto più i diversi specialisti coinvolti nel trattamento (psichiatri, psicoterapeuti, internisti, endocrinologi, nutrizionisti) avranno la possibilità di deviare una traiettoria di sviluppo difficilmente modificabile in epoche successive.
Direttore Struttura complessa Neuropsichiatria Infantile AOU Maggiore della Carità Novara