
Lettera di un Professore: rivolta ai colleghi, agli studenti, ai genitori, ai responsabili politici. Desideri utopistici, forse. Ma da questi è giusto partire.
Vorrei trovare delle alunne e degli alunni disponibili ad abbandonare i propri pregiudizi, che riescano, dopo il Covid, a ricostruire un rapporto positivo con la propria immagine e con il proprio corpo, che costruiscano liberamente il proprio apprendimento, lasciandosi guidare con gentilezza e spirito critico dall’insegnamento dei propri professori. Vorrei trovare delle alunne e degli alunni capaci di adottare una comunicazione non ostile, capaci di dismettere prepotenza, sfrontatezza e violenza e capaci di riconoscere ed accettare le proprie fragilità.
Vorrei che le famiglie comprendano che il turbamento che i loro figli avvertono, nel passaggio dalla scuola media alla scuola superiore e che li porta ad essere disubbidienti, scontrosi ed irrequieti, mentre prima erano ubbidienti, calmi ed affettuosi, non è dovuto alle nuove cattive compagnie, ma si chiama adolescenza. Vorrei che le famiglie comprendano che l’organizzazione della didattica spetta alla scuola.
Vorrei che le mamme siano disponibili ad abbandonare le chat dei genitori, nelle quali passano il tempo ad insultarsi e la smettano di venire a scuola a fare la difesa di ufficio dei propri figli. Vorrei vedere dei padri responsabili, che comprendano che durante l’adolescenza il loro ruolo educativo è fondamentale per la crescita dei propri figli, da esercitare con autorevolezza e discrezione, dando loro fiducia e ampi spazi di autonomia.
Vorrei trovare dei colleghi pronti ad abbandonare abitudini vecchie e consunte e disponibili ad accettare il cambiamento.
Vorrei trovare dei colleghi che accettino la sfida della personalizzazione educativa e della didattica per competenze.
Vorrei trovare dei colleghi che comprendano che la redazione dei piani formativi individualizzati e delle unità di apprendimento costituisce inutile burocrazia soltanto se una volta predisposti li riponiamo nel cassetto, mentre se li utilizziamo essi costituiscono un fondamentale strumento per garantire il diritto allo studio dei nostri alunni, nel rispetto dello stile di apprendimento di ciascuno.
Vorrei che i miei colleghi comprendano che la scuola dei programmi ministeriali era una scuola autoritaria e centralista, mentre la scuola delle programmazioni, degli assi culturali, delle competenze di cittadinanza è una scuola democratica e pluralista, aderente al dettato della nostra Costituzione repubblicana. Vorrei che la scuola si metta definitivamente alle spalle la stagione delle variegate forme di didattica a distanza che abbiano sperimentato. Se gli alunni sono ammalati devono stare a casa o in ospedale a curarsi, perché la tutela della salute viene prima di ogni cosa, se invece sono in condizione di seguire le lezioni devono venire a scuola, perché la didattica non si esaurisce nelle lezioni frontali e nelle verifiche orali.
Vorrei trovare, al posto dei banchi a rotelle, degli ambienti di apprendimento pensati per nativi digitali, dotati di moderne tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che esaltino forme di apprendimento collaborativo nelle quali il docente possa assumere efficacemente il ruolo di facilitatore dell’apprendimento.
Vorrei che nessuno proponga una nuova riforma e che i politici si occupino di scuola solo se competenti.
Vorrei che la scuola possa diventare una palestra di pace e di giustizia. Vorrei che il cambiamento possa cominciare da me e contagiare tutti coloro che mi stanno attorno.
Docente di diritto ed economia politica, Istituto Umberto Di Pasca di Potenza