
Nel mondo post pandemia, secondo la nostra indagine, sono i principali fattori di stress e disagio. Perché? L’abbiamo chiesto a due esperti
Maggioranze altissime hanno concordato nel ritenere: che la pandemia abbia fatto aumentare i disturbi psicologici/psichici degli adolescenti (88%); che le liti in famiglia creino malessere psicologico ai ragazzi (87,6%) e che la scuola sia una delle cause principali di ansia per gli adolescenti (84%).
Sugli effetti della pandemia già tanto si è detto, mentre gli altri due aspetti meritano qualche riflessione: i conflitti familiari e la scuola ansiogena.
Che la litigiosità all’interno della famiglia sia un elemento di forte criticità per il benessere dei figli appare cosa scontata, ma è cambiato qualcosa che rende la situazione più critica di sempre?
La scuola è sempre stata una così forte fonte di stress per una percentuale così ampia di studenti? E se – come sembra ragionevole affermare – la risposta è “no”, allora bisogna chiedersi se è la scuola ad essere cambiata drasticamente tanto da mettere in così forte disagio gli studenti o sono gli studenti ad essere diventati talmente fragili da non riuscire più a sopportare un livello di stress che ai loro coetanei di vent’anni fa non creava alcun disagio?
Rispondono Chiara Vendramini, Presidente dell’Associazione GeA (Genitori Ancòra) e Paolo De- molli, insegnante di Filosofia.
Certamente è un dato “normale” quello dell’esistenza, all’interno della famiglia, di momenti più o meno frequenti e accesi di conflittualità; per usare le parole del Prof. Fulvio Scaparro, “una famiglia sana è normalmente conflittuale perché, anche se oggi è composta da pochissime unità, resta pur sempre un esperimento di convivenza tra diversi, per età, sesso e storie personali”.
Se quindi possiamo considerare anche e soprattutto in famiglia le differenze, la diversità di opinioni e il conflitto, se adeguatamente gestiti, benefici e fecondi, questi stessi diventano malefici e sterili se si irrigidiscono portando a scontri e a contrapposizioni muro contro muro.
Sono stati analizzati in questi due anni gli effetti della pandemia, dei lockdown e delle restrizioni sugli equilibri individuali, sulle dinamiche relazionali familiari e sociali, ed è stato sottolineato come, in particolar modo il clima di precarietà tanto rispetto alla salute fisica quanto rispetto a quella economica, abbia inciso sul clima familiare, esponendo i figli alle tensioni tra i genitori se non addirittura a vere e proprie violenze psico-fisiche.
Non so se la situazione sia ora più critica rispetto al passato recente, certamente noi mediatori familiari abbiamo potuto constatare nelle coppie di genitori che a noi si rivolgono perché “travolte” dal loro conflitto, un aumento dell’impazienza che incide considerevolmente sul benessere psico-emotivo (maggiore stanchezza, stress, nervosismo e la conseguente reattività che esplode nella relazione di coppia e in famiglia) e sull’ambiente di vita dei nostri ragazzi, immersi in un’atmosfera di insoddisfazione, ansia generalizzata e guerra.
Chiara Vendramini
La scuola fa emergere l’ansia, per- ché è il contesto in cui l’adolescente si sente continuamente giudicato: e per di più su aspettative di prestazione non sue, in cui non si riconosce, che generano fatica e sofferenza insensate dal suo punto di vista. La causa dell’accresciuta fragilità non è la scuola, che nel bene e nel male è la stessa di sempre, bensì il suo scollamento rispetto al resto del mondo. Il nostro modello di società proietta sui ragazzi un’immagine di instabilità e competitività: cultura diffusa, media, famiglia e scuola, oggi come ieri, sono allineati nel dipingere il mondo come una giungla dove solo i più forti sopravvivono. Nelle generazioni precedenti convergevano anche sul modo di affrontare le difficoltà: puoi diventare forte, ce la farai se ti impegni.
Oggi invece, mentre la scuola insiste a ripetere in modo sempre meno credibile il ritornello, cultura diffusa e media mostrano che tanti falliscono nonostante l’impegno, e sembrano suggerire che il successo arride a chi è per natura superiore, esaltando il talento senza metterne in debita luce anche la fatica.
Quanto alla famiglia, che pure a parole condivide il messaggio della scuola, in realtà fin dalla prima infanzia erige intorno al figlio una campana di vetro per proteggerlo dalle frustrazioni, non stimolando così la sua capacità di affrontare l’insuccesso.
L’adolescente si ritrova quindi fragile e impreparato nell’età in cui lo sviluppo di un’autocoscienza critica e l’ossessivo confronto con i vincenti lo espongono indifeso alla percezione della propria inadeguatezza rispetto a un modello irraggiungibile, e quindi ansiogeno, di perfezione e successo.
Paolo Demolli