
Siamo andati oltre la classica “melancolia adolescenziale”: lo rivelano l’indagine di Laboratorio Adolescenza-IARD e i dati dei Pronto soccorso psichiatrici.
Uno degli argomenti principali affrontati dall’indagine annuale Laboratorio Adolescenza-Istituto di ricerca IARD (realizzata tra marzo e maggio 2022 su un campione nazionale rappresentativo di 5721 studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado, fascia d’età 13-19 anni) ha riguardato quello che oggi, con uno slang molto “social” potremmo definire il “mood” degli adolescenti a due anni dall’inizio della pandemia.
La cronaca, ma anche quanto riferiscono sul campo gli addetti ai lavori (medici e pediatri, psicologi, insegnanti, neuropsichiatri), ci descrivono un’adolescenza molto provata, molto più nella psiche che nel soma, da Covid e dintorni. Un dato oggettivo lo fornisce Riccardo Bettiga, Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Lombardia: da una rilevazione effettuata su cinque reparti ospedalieri e otto servizi territoriali di Neuropsichiatria dell’Infanzia e Adolescenza della Regione Lombardia, mettendo a confronto di- retto il mese di gennaio 2020 con quello di gennaio 2021, ci si trova difronte – riferendosi esclusivamente a cause direttamente correlate ad atti di autolesionismo o tentativi di suicidio – ad un numero più che raddoppiato di accessi al Pronto Soccorso (da 45 a 96) e un aumento di quasi il 25% (da 41 a 59) delle richieste di ricovero. Per quanto i dati siano parziali, anche per quanto riguarda la Lombardia, non è arbitrario considerare il fenomeno riconducibile anche alla situazione generale, tanto da indurre le Istituzioni nazionali (ne parla in modo più dettagliato il Ministro della Salute, Speranza, nell’intervista pubblicata in questo numero di Laboratorio Adolescenza Magazine) a supportare economicamente le famiglie per garantire agli adolescenti in difficoltà un supporto psicologico.
Il nostro approfondimento su queste tematiche – realizzato con il contributo incondizionato di Lundbeck Italia –, che ovviamente non fornisce indicazioni di tipo epidemiologico, descrive chiaramente un vissuto, da parte degli adolescenti, certamente non confortante. La percentuale di loro che afferma di sentirsi frequentemente triste, senza una specifica ragione, supera di gran lunga la maggioranza.
Analoghe percentuali se ci si riferisce ai frequenti (e immotivati) sbalzi di umore, mentre più del 40% afferma di sentirsi (spesso o qualche volta) agitato, particolarmente ansioso o impaurito al punto di avere la percezione di non riuscire a respirare.
Le percentuali si incrementano passando dalle scuole medie a quelle superiori, ma la differenza risulta essere essenzialmente di genere: la percentuale di ragazze che registra le forme di disagio sopra descritte supera l’80%.
Il 44% (57% delle ragazze) afferma, inoltre, che tristezza, ansia e sbalzi di umore sono aumentati da quando è scoppiata la pandemia, ed un ulteriore 15% li ritiene più altalenanti rispetto al passato.
Pur considerando endemici, probabilmente naturali – in adolescenza – dei momenti di immotivata tristezza, le percentuali emerse, anche alla luce di confronti effettuati con i dati raccolti in indagini di Laboratorio Adolescenza di oltre 10 anni fa, descrivono indubbiamente una situazione di malessere che va oltre l’endemicità normalmente attesa. Naturalmente è ragionevole immaginare che la maggioranza di questi “adolescenti tristi” non svilupperà disagi psicologici di rilievo o, addirittura, disturbi psichiatrici, ma il campanello d’allarme deve essere registrato.
Soprattutto dovrà essere importante, per chi è in contatto con adolescenti per motivi familiari o professionali, “alzare le antenne” e cercare di intercettare precocemente quei segni che possono descrivere un andare oltre la naturale – per dirla con Dürer – “melancolia” adolescenziale.
La “prossimità” con situazioni critiche
I dati su episodi di autolesionismo e di tentato suicidio, riportati dal Garante Bettiga, ancorché in forte crescita, sono – per fortuna – minoritari rispetto alla popolazione adolescenziale generale, ma al di là dell’“agito” c’è un numero enormemente più alto di adolescenti che si trovano a vivere situazioni di contiguità sia con gli eventi descritti sia – ancora più frequenti – con il consumo di droghe e l’abuso di alcol. Secondo quanto emerge dalla nostra indagine, circa il 40% degli adolescenti intervistati dichiara di conoscere almeno un coetaneo che pratica l’autolesionismo; circa un adolescente su due ha amici che fanno uso di sostanze; l’80% circa ha amici che più o meno frequentemente si ubriacano.
Ma perché ci si “taglia”? Secondo la maggioranza relativa dei maschi (38%) e assoluta delle ragazze (60%), compiere gesti di autolesionismo è un modo estremo per affrontare situazioni di agitazione, tristezza, tensione, da vivere in solitudine. Solo una esigua minoranza (vedi tabella) lo collega all’intento di lanciare un messaggio agli altri (adulti, genitori…). L’autolesionismo appare, quindi, una via di fuga senza secondi fini ed è, proprio per questo motivo, anche più pericolosa.
Per il nostro eccesso di attenzione al rispetto della privacy (ancorché il questionario sia rigorosamente anonimo), le domande su questi temi non vengono poste in modo diretto, per cui non è possibile acquisire informazioni sul vissuto personale, ma è evidente che nelle risposte generiche per descrivere il fenomeno, il proprio vissuto (agito o meno che sia) c’è eccome.
Secondo te qual è la causa principale che può spingere una ragazza o un ragazzo a compiere gesti di autolesionismo?
% | Totale | Femmine | Maschi | Scuole medie | Scuole superiori |
È un modo estremo per affrontare situazioni di agitazione, tristezza, tensione | 48,5 | 59,5 | 38,3 | 44,5 | 50,4 |
Non lo so | 18,9 | 11,1 | 26,2 | 20,9 | 18,0 |
È un segnale che si vuole mandare agli adulti per manifestare la propria sofferenza | 11,8 | 12,3 | 11,4 | 13,4 | 11,1 |
Il desiderio di attirare l’attenzione | 9,9 | 5,2 | 14,2 | 11,7 | 9,0 |
È un modo per provare delle sensazioni “forti” (negative/positive) | 7,4 | 8,9 | 6,0 | 5,2 | 8,4 |
La voglia di dimostrare, anche a sé stessi, di essere coraggiosi | 2,6 | 2,2 | 3,0 | 3,6 | 2,1 |
Rispetto agli anni passati stai utilizzando Internet, lo smartphone e i social:
Totale | Femmine | Maschi | Scuole medie | Scuole superiori | |
Molto di più che in passato | 76,1 | 79,7 | 72,8 | 76,5 | 75,0 |
Come in passato | 16,8 | 14,5 | 18,9 | 15,0 | 17,7 |
Meno che in passato | 6,3 | 5,1 | 7,4 | 5,6 | 6,6 |
La contiguità con questi fenomeni è spesso un’arma a doppio taglio: se da un lato (generalmente quando si assiste direttamente a evoluzioni drammatiche) può essere un freno ad adottare comportamenti simili, dall’altro – certamente più frequente – può innescare dei pericolosi processi imitativi.
A questa possibile deriva danno certamente una mano i social che dal sorgere della pandemia sono sempre più utilizzati (vedi tabella). Pericolosissime, in questo senso, le cosiddette “live” (momenti interattivi in cui il protagonista chatta con un pubblico assolutamente non controllato), anche perché imprevedibili e molto più difficilmente controllabili, rispetto ai video postati, da parte del gestore del social.
Che fare di fronte al “problema”?
L’aspetto positivo emerso dall’indagine riguarda la percezione degli adolescenti nei confronti di problemi di tipo psicologico-psichiatrico.
La maggioranza NON considera i disturbi psicologici/psichici secondo stigmi e fasulli cliché (hanno disturbi psicologici/psichici le persone deboli; soffrono di disturbi psicologici/psichici più le ragazze che i ragazzi) e, soprattutto, l’86% degli intervistati considera i disturbi di tipo psicologico altrettanto importanti rispetto a quelli fisici (vedi tabella).
Rispetto a ciascuna delle seguenti affermazioni indica se sei d’accordo o non d’accordo
Risposta “D’ACCORDO” | Totale | Femmine | Maschi | Scuole medie | Scuole superiori |
Hanno disturbi psicologici/psichici le persone deboli | 30,1 | 19,8 | 39,6 | 31,2 | 29,5 |
Soffrono di disturbi psicologici/psichici più le ragazze che i ragazzi | 28,3 | 29,1 | 27,7 | 31,1 | 27,0 |
I disturbi di tipo psicologico/psichico sono generalmente meno gravi dei problemi fisici | 14,1 | 9,4 | 18,4 | 19,5 | 11,5 |
Da qui una provvidenziale maggioranza del 58% (51% dei maschi e 66% delle femmine) che ritiene che difronte a problemi di tipo psicologico la strada da prendere è rivolgersi ad uno specialista e che non è sufficiente parlarne con amici e genitori o, addirittura, cercare di risolverli da soli “con un po’ di forza di volontà”.
Conclusioni
Difronte allo scenario descritto, come è possibile cercare di aiutare gli adolescenti in questa difficile congiuntura cercando di riconoscere e disinnescare prima possibile situazioni potenzialmente pericolose senza, per altro, drammatizzare e “medicalizzare” un naturale “male di stagione”? Genitori, medici e pediatri, insegnanti, dovrebbero essere preziose sentinelle a condizione – non scontata – che abbiano le competenze per sapere cosa e dove andare a guardare in situazioni per molti versi nuove (quantomeno per la prevalenza enormemente accresciuta) e che spesso sono tutt’altro che facili da riconoscere. Anche perché gli adolescenti che vivono in maniera più dura queste situazioni di disagio sono spesso bravissimi a dissimularle fin quando sono in grado di farlo. E, quando non sono più in grado di farlo, spesso è tardi per poter intervenire – attraverso il coinvolgimento di specialisti (essenzialmente psicologi e neuropsichiatri) – nel modo più efficace possibile.
Un “tampone” fai-da-te
Un aiuto prezioso – forse paradossalmente – può venire proprio dagli stessi adolescenti. La loro valutazione dei disturbi di tipo psicologico, con molti meno stigmi rispetto alle generazioni precedenti, ci fornisce degli interessanti strumenti di intervento.
Abituiamoli ad auto auscultarsi; a registrare se e quando iniziano a percepire che nel loro vissuto sta cambiando qualcosa; se iniziano, più o meno spiegabilmente, a provare disagio in contesti e situazioni che fino ad allora avevano vissuto serenamente.
E, quando questa sorta di “tampone” fai-da-te dovesse dare qualche segnale di positività, a non esitare a chiedere aiuto, proprio come quando si ha mal di gola e, senza drammi, si va dal medico per farsi prescrivere una medicina.
Presidente Laboratorio Adolescenza