
Ragazzi e ragazze che, finalmente, si trovano da soli, senza pubblico, davanti allo specchio, in una stanza chiusa a chiave. “Il corpo non è nulla” o “il corpo è tutto”?
Riflettendo su giovani e corpo ho deciso di scrivere brevemente proprio di quei ragazzi e ragazze che, finalmente, si trovano da soli, senza pubblico, davanti allo specchio, in una stanza da bagno chiusa a chiave. La diffidenza dei genitori verso i figli che si chiudono a chiave in bagno è ben presente, credo, a molti di noi perché siamo stati giovani e perché, almeno alcuni, sono diventati genitori ed educatori.
“Non voglio che ti chiuda a chiave in bagno, potresti sentirti male…” oppure “Che accidenti fai per tanto tempo in bagno? Non è il tuo salotto!” e così via. In altre parole, “cosa accidenti fai dopo avere evacuato ed esserti lavato?” Perché quando pensiamo ai bisogni corporali li associamo quasi esclusivamente all’evacuazione e non invece al bisogno di entrare in relazione con il nostro corpo. Cosa ha questa stanza da suscitare tanti timori e diffidenze? Cosa può succedere là dentro, se tutte le comunità chiuse, caserme, conventi, prigioni hanno avvertito la necessità che le porte dei bagni non abbiano chiavi o almeno non arrivino fino a terra consentendo di osservare almeno i piedi di chi li usa?
Siamo gli eredi di migliaia di anni di atteggiamenti contraddittori nei confronti del corpo che ci hanno creato e creano tuttora non pochi problemi. La polarità “il corpo non è nulla” / “il corpo è tutto” richiama alla mente l’enantiodromia, la corsa nell’opposto. Semplificando al massimo, questa ‘legge’, che Jung considerava fondamentale, consiste nel fenomeno quasi universale di ‘ribaltamento’, ‘conversione nell’opposto’, che fa seguito alla tendenza a sostenere una posizione in forma esasperata, unilaterale, negando ogni validità alla posizione opposta, fino addirittura a reprimerla, nell’illusione che ciò che è represso non esista più. Invece esiste, ed è probabile che riemerga in forma altrettanto unilaterale con la ‘vittoria’ della posizione opposta e la repressione di quella precedentemente adottata. In altri termini, ad esempio, l’eccesso di tolleranza può far nascere un eccesso di intransigenza e viceversa, l’eccesso di demonizzazione può ribaltarsi in beatificazione, e così via.
Il polo de ‘il corpo non è nulla’: lo spirito è tutto e il corpo non è altro che una sorta di razzo vettore dello spirito che si sgancia e si perde nello spazio una volta portato lo spirito in orbita. Lo spirito è eterno il corpo è caduco, nient’altro che polvere. Il corpo è zavorra, fonte di tentazione, il corpo è male, è sporco, i sensi ci sviano. Di qui i problemi con il corpo nostro e altrui, con la sessualità, con i bimbi che vogliono sapere e non trovano da parte nostra che parole imbarazzate. Questo atteggiamento presente non soltanto nelle religioni occidentali ma anche in quelle orientali, portato all’estremo rischia appunto l’enantiodromia, cioè il ribaltamento nell’opposto.
Ed ecco che compare vittorioso il polo opposto: ‘il corpo è tutto’ e di conseguenza si fa di tutto per il corpo, si usano tutti i mezzi a disposizione per modellarlo o almeno presentarlo come bello, efficiente. Integratori, chirurgia estetica, farmaci miracolosi, lifting, liposuzioni, tintura e trapianti dei capelli, diete, abbronzature artificiali, corpi iperpalestrati, iper-attenzione al vestiario, biancheria intima che non ha più alcuna intimità. Un vero e proprio culto di quel corpo che in altri tempi e in altri luoghi era disprezzato come un vuoto a perdere.
Ci hanno martellato nel tempo con l’adagio “Mens sana in corpore sano”, soggetto a interpretazioni di comodo di cui l’autore, Giovenale, non è responsabile. Pensate che Giovenale con quella espressione intendeva dire che alla divinità bisogna chiedere un’anima forte e un fisico robusto, condizioni necessarie entrambe per sopportare le fatiche e non temere la morte. Quanti tra i presenti hanno trovato maestri che hanno loro spiegato cosa Giovenale voleva comunicarci parlando di “Mens sana in corpore sano”?
Questo oscillare tra ‘il corpo è nulla’ e ‘il corpo è tutto’, provoca ansia, almeno finché non scopriamo che non possiamo separare corpo e spirito (che il dizionario si ostina a definire come principio immateriale attivo, spesso considerato immortale e di origine divina, che si manifesta come vita e coscienza). Non esiste nulla che possa essere chiamato ‘puro corpo’ o ‘puro spirito’. Quale che sia l’idea che ci siamo fatti del corpo, senza lo spirito non è umano. Quale che sia l’idea che ci siamo fatti dello spirito, senza un corpo non è umano.
Cosa fanno gli esseri umani quando si sentono al sicuro da occhi indiscreti, in quel luogo, la stanza da bagno, dove l’osservazione e la cura del corpo sono o dovrebbero essere centrali?
In tutta la nostra giornata capita davvero di rado di dedicare tanta attenzione al nostro corpo, di avere con esso tanta intimità, di prestare attenzione alle nostre funzioni fisiologiche, di lavarci, asciugarci, toccare parti intime, sentire i nostri odori, guardarci allo specchio, fare smorfie, spiare con apprensione difetti e segni di malattia o invecchiamento, e così via. Il tutto senza che nessuno ci osservi, ci giudichi, ci condanni.
I ragazzi e le ragazze, oggi come ieri, starebbero a lungo in bagno se l’organizzazione familiare e i loro stessi impegni lo consentissero. Del resto un tempo le abluzioni, l’evacuazione, la cura del corpo erano considerate attività sacre da svolgere con lentezza, con tutto il tempo necessario. Ma dietro quella porta chiusa troppo a lungo, l’adulto sospettoso (perché ricorda cosa faceva lui a quell’età, quando poteva chiudersi in bagno) non pensa a nulla di sacro ma a molto di peccaminoso, fumo, masturbazione e chissà che altro. Ma il ragazzo o la ragazza hanno bisogno talvolta di stare semplicemente seduti sul water a leggere o davanti allo specchio per osservarsi, piangere, fare le boccacce, tentare di ovviare o compensare difetti, simulare emozioni (rabbia, gioia, amore, spavento…) o atteggiamenti seduttivi o spavaldi. Le operazioni routinarie della toilette sono un’occasione per toccarsi, manipolarsi, accarezzarsi.
L’esplorazione del corpo, in adolescenza, avviene sì nella riservatezza della stanza da bagno ma avendo sempre bene in mente che quel corpo dovrà uscire nel mondo, perché a quell’età bisogna essere all’altezza dell’ambiente che frequentiamo, del gruppo dei pari, ed essere almeno accettati se non proprio ammirati o amati. E qui l’ansia per reali o presunte nostre deficienze, troppo o troppo poco, troppo lungo o troppo corto, troppo grasso o troppo magro, quel troppo e quel poco che presuppongono standard di riferimento che è il mondo esterno a imporci.
* Sintesi dell’intervento di Fulvio Scaparro alla presentazione dell’indagline nazionale 2022 sugli stili di vita degli adolescenti realizzata da Associazione Laboratorio Adolescente e Istituto di ricerca IARD.
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