
È un’occasione per riflettere insieme su valori, comportamenti, paura e sentimenti. Senza pretese di insegnamento, ma alla ricerca di una maggiore consapevolezza.
La paura della guerra abita dentro ogni essere umano. È un sentimento che da tempo è stato messo da parte, perché per anni non ci sono stati conflitti che hanno coinvolto la popolazione italiana. Oggi, che avvertiamo questa minaccia in modo maggiore, possiamo cogliere questa occasione per aprire un dialogo tra gli adulti e i ragazzi che affrontano per la prima volta questa esperienza.
Quando si parla di guerra si attiva una sensibilità etica, che può essere accolta e sviluppata per comprendere meglio che relazione sussiste tra noi e la violenza che percepiamo nel conflitto attuale. Vi sono alcune domande che possiamo porre per far scaturire un dialogo con i ragazzi: che tipo di sentimenti proviamo quando avvertiamo che qualcosa non va e siamo a contatto con il “male”? Vi è una sorta di ambiguità nei tanti discorsi ascoltati. mentre le immagini drammatiche trasmesse ci disorientano e attivano un senso d’impotenza. Pertanto, che senso dare e come rappresentare quello che sta accadendo?
Descrivere quale sia la propria idea di male a partire da sé, cercare le correlazioni con quello che viene raccontato della guerra in Ucraina è ciò che primariamente consente di riscoprire la propria sensibilità etica oltre alle emozioni. Sembra difficile fare queste riflessioni, ma in realtà, fin da bambini, si sviluppa l’idea di ciò che è giusto o ingiusto e si impara a distinguere quali azioni fanno bene e risultano vere e quelle che crediamo false e possono fare del male. Poter porre la domanda innanzitutto su quello che dentro di noi già esiste come giudizio, consente di individuare quali siano i valori che animano le nostre emozioni e che di conseguenza suscitano reazioni forti: per esempio, da un lato si possono manifestare atteggiamenti neganti, indifferenti (non si parla mai di guerra, come se non esistesse il conflitto) o, al contrario, si manifestano reazioni di eccessiva immedesimazione (si passa tutto il tempo a guardare i social per cercare informazioni in tempo reale, mentre poco altro della propria vita risulta importante). Valorizzare la soggettività, ricondurre la riflessione con i ragazzi su un terreno dialogico, aperto è la chiave di accesso a una funzione educativa. Ad esempio, esprimere il valore di che cosa significhi potersi sentire al sicuro, poter vivere in libertà ed essere rispettato dagli altri sono concetti che possono essere ripensati, discussi insieme per cercare di andare oltre alla paura, verso una consapevolezza che rassicuri.
Per gli adulti la guerra è ciò che ci porta a pensare al futuro dell’umanità con incertezza e paura, ma la paura è anche una condizione esistenziale, che i ragazzi hanno dentro di sè, legata al timore di non riuscire a diventare adulti autonomi e soddisfatti. Pertanto ritrovarsi insieme a raccontare dei comportamenti e dei sentimenti presenti, fuori da ogni pretesa d’insegnamento, porta ad una condivisione differente fatta di attenzione e ascolto rispettoso dell’altro, che, come diceva Simone Weil, è una delle forme più alte di gratuità.
Psicologa