
Ci mancava la guerra. Vale per tutti, ovviamente, ma occupandoci, qui, di adolescenti, la riflessione è su quanto questa nuova tragedia stia colpendo i giovani, già frastornati da due anni di una pandemia che oggi fa meno paura, forse, ma è tutt’altro che conclusa.
Come ho scritto qualche giorno fa sul Corriere della Sera, “Quando una vita normale stava piano piano riprendendo, dai più profondi incubi del XX secolo riappare una guerra alle porte di casa; e la paura ricompare. Una paura di tipo diverso rispetto al Covid, ma altrettanto insidiosa, specie per una generazione di adolescenti già fragile di suo e fortemente provata dai due anni appena trascorsi”.
Ci sarebbero tante considerazioni da fare sulle “responsabilità” che le nostre generazioni hanno nell’aver contribuito a creare un mondo che costringe i propri giovani a passare “dalla dad alla guerra” senza soluzione di continuità.
E adesso – si chiedono i genitori e gli insegnanti più accorti – come spieghiamo la guerra ai nostri figli e ai nostri studenti? Come rispondiamo a Luca – studente di un liceo scientifico di Milano – che commenta: “È un altro pezzo di adolescenza che ci viene sottratto, non solo per il timore che la guerra possa arrivare fin qui, ma perché è comunque una tragedia che ci toglie serenità e ottimismo”? Che facciamo? Li mandiamo tutti, in fila per due, dagli psicologi con il bonus del Governo, proponendo una sorta di “paga uno prendi due”, guerra e postumi da pandemia? Anche se forse lo psicologo, se non addirittura un bel TSO, servirebbe più a noi per farci riflettere su dove abbiamo trascinato un “mondo” che mostra crepe da tutte le parti.
Qualcuno potrebbe obiettare – e non a torto – che le guerre esistono da che esiste il mondo e che i bambini (perché in passato gli adolescenti manco esistevano) hanno sempre subito guerre e catastrofi prodotte dagli adulti. Perché, dunque, oggi dovremmo drammatizzare le conseguenze psicologiche sugli adolescenti causate da tragedie che sono sempre esistite?
In astratto il ragionamento regge, ma si frantuma pensando a quanto oggi il mondo – e ciò che nel mondo accade – sia interconnesso. Oggi tutto è in “presa diretta” e gli effetti collaterali di questa comunicazione h24 sono un carico di ansia difficile da sopportare. Vale per tutti, ma soprattutto per chi vive una fase della propria vita di delicatissima transizione come è l’adolescenza.
Per chi le bombe le ha sulla testa ovviamente non cambia nulla, ma anche chi ha la fortuna di non avere la guerra in casa ha, oggi, un coinvolgimento ansiogeno enormemente superiore a quanto poteva accadere cento anni fa, quando le notizie dal fronte arrivavano a mezzo piccione viaggiatore e la radio e i giornali non ci facevano vedere i corpi straziati dalle bombe o gli occhi terrorizzati dei bambini nei rifugi.
Questa evidenza non vuole portare a dire “meglio non sapere e non vedere”, ma deve farci comprendere perché gli adolescenti di oggi sono molto più esposti, psicologicamente, alle nefandezze che gli uomini, da sempre, sono capaci di compiere. Una ferita non rimargina – visto che oggi si parla sempre di resilienza – se ogni tre giorni ci mettiamo sopra un po’ di sale; di quel “sale” che spargiamo tanto e dovunque.
Elena è una ragazza di 16 anni che vive e studia a Parma e ho conosciuto in uno degli incontri con le scuole tenuti da Laboratorio Adolescenza. Qualche giorno fa ci ha inviato una lettera per raccontarci come sta vivendo lei – che si è presentata come “una ragazza che viene dall’est dell’Europa” – questo difficile momento. La riporto integralmente, perché è uno straordinario spunto di riflessione, per tutti: Elena ci “spiega”, con una efficacissima essenzialità, cosa è una guerra. Quella guerra che tanti di noi, a partire da me, abbiamo avuto la fortuna di non vedere mai.
Da più di una settimana la Russia ha invaso L’Ucraina. Nessuno se l’aspettava. Il popolo ucraino si è svegliato con la sirena e con l’orrore negli occhi. Non sapevano dove andare, tanti di loro non erano pronti per un attacco. Alcuni sono stati meno fortunati, e hanno dovuto trovare posto nelle metropolitane oppure nei luoghi sotterranei. Alcuni, invece, hanno dovuto preparare il minimo indispensabile per abbandonare la città, e trovare rifugio nei paesi vicini. Tanti bambini, invece di andare a scuola ed esercitare i propri diritti individuali, sono stati obbligati a scappare da quello che viene considerato da tutti un ambiente sicuro: la loro casa, la loro patria. Che ricordi avranno i bambini ucraini della loro infanzia? Come si staranno sentendo i genitori sapendo che non hanno potuto garantire la pace e la libertà ai propri figli? Abbiamo visto tutti le foto strazianti, in cui i padri dicono addio alla propria famiglia, senza sapere se mai si rivedranno. Ma chi ce lo assicura che quel momento non arriverà negli altri Stati oggi neutrali, Paesi dell’ex Unione sovietica?
Ciò che succede in Ucraina ci fa capire che non abbiamo imparato niente dalla storia, che tutti gli sforzi per mantenere l’armonia tra gli Stati, sono stati senza effetto.
Tantissime sono state le vittime: questo è il prezzo che si paga durante una guerra spietata.
Il patrimonio naturale e culturale ucraino, che è stato difeso per anni e anni, è stato distrutto in meno di due settimane. Le città più importanti, attorno alle quali girava l’economia del Paese, sono state bombardate dai missili. Scuole e ospedali che sarebbero dovuti rimanere intatti per non negare l’accesso all’istruzione e alla sanità, vengono tutt’ora abbattuti dagli invasori. Un grande coraggio, ed esempio per noi, lo ha dimostrato il presidente ucraino Zelensky, che è rimasto al fianco dell’esercito a difendere il proprio territorio, il proprio popolo.
Gli Stati che hanno accolto i rifugiati hanno dimostrato una solidarietà mai vista prima. Tantissimi cittadini ucraini hanno ricevuto alloggio gratis e tutto l’aiuto necessario per poter dimenticare la strada percorsa per sopravvivere. Anche le scuole italiane si sono mobilitate: hanno raccolto tanti beni primari per spedirli ai profughi in Moldavia e Romania.
Ma la pace arriverà, oppure questa è la goccia che farà traboccare il vaso? È questa la domanda che ci poniamo tutti, ma alla quale non abbiamo una risposta, e nel profondo del nostro cuore, non la vogliamo neanche ricevere.
Io, una ragazza adolescente che viene dall’est Europa, mi preoccupo per la situazione e per i miei parenti. Ogni giorno mi sveglio con l’ansia e con la speranza che tutto sia finto, ma per adesso rimane un sogno per tutti noi, e dobbiamo lottare fianco a fianco.
L’Ucraina non è sola, non è stata abbandonata e riceve aiuti da tantissimi Paesi che non possono stare in silenzio e osservare come vengono violati i diritti fondamentali e inviolabili dei nostri cari amici. l’Italia rifiuta la guerra, l’Europa rifiuta la guerra. Tutto il mondo rifiuta la guerra.
Elena Gavrilita
Presidente Laboratorio Adolescenza