
Indagini Espad e Laboratorio Adolescenza-IARD: metà degli studenti quest’anno ha bevuto meno, l’altra metà di più. Si teme un effetto rimbalzo alla “riapertura”.
Adolescenti ed alcol. Un binomio sempre più alla ribalta che, in un’ipotetica hit delle preoccupazioni (fondate o isteriche che siano) di chi ha a che fare con adolescenti, sta surclassando droga, fumo e altri “flagelli” a scelta. Fenomeno, quello del bere, ovviamente associato alla movida e a tutto quello che le notti in strada si portano dietro in termini di disturbo, vandalismo, violenza e via discorrendo.
Gli esperti, come i virologi nei confronti del Covid, vanno dall’intransigenza un po’ komeinista (seppur scientificamente suffragata) che l’alcol fino al completamento dello sviluppo andrebbe vietato senza “se” e senza “ma” (perché gli adolescenti non hanno ancora gli enzimi per smaltirlo), a posizioni più da realpolitik che si accontenterebbero di mettere un freno agli eccessi, alle ubriacature collettive, all’abitudine che può creare dipendenza e comunque danni all’organismo.
In mezzo ci sono i diretti interessati – gli adolescenti – che sono tutti assolutamente concordi nell’affermare che l’alcol fa male, ma danno un’interpretazione di questo “male” tipicamente adolescenziale e quindi del “qui ed ora”. In altre parole, vivendo da adolescenti in un eterno presente, l’alcol fa male se, qui ed ora, mi far stare male. Se la “sfango” – perché mi so controllare – e non mi ubriaco, tutto è ok. Degli effetti a medio e lungo termine e del danno da accumulo manco a parlarne.
E poi vengono i dati delle ricerche italiane ed europee – Espad in testa – che descrivono fenomeno e tendenze. A queste si aggiunge l’indagine “Adolescenti ed Alcol” realizzata da oltre dieci anni da Laboratorio Adolescenza e Istituto IARD, in passato in collaborazione con l’Osservatorio Permanente Giovani ed Alcol e oggi con i Rotary di Milano.
La peculiarità dell’indagine di Laboratorio Adolescenza è che viene realizzata su un campione di una fascia d’età (12-14 anni) non contemplato nell’indagine Espad e quindi, limitatamente all’Italia, può essere una preziosa estensione.
Analizzando complessivamente i dati in letteratura, se volessimo in poche parole descrivere la situazione che avevamo lasciato prima della pandemia Covid, potremmo così sintetizzare:
- il consumo di alcol cresce all’aumentare dell’età;
- la crescita si impenna intorno ai 16 anni di età;
- il consumo cosiddetto abituale (inteso come il bere più o meno regolarmente ai pasti) risulta – a seconda delle indagini prese in considerazione – in leggero aumento o in leggero calo;
- il consumo eccedente (fino alle ubriacature o al coma etilico) è in aumento;
- i maschi sono consumatori abituali maggiori delle femmine;
- il consumo eccedente maschile è maggiore di quello femminile, ma la forbice (rispetto al consumo abituale) si stringe.
La lettura di queste evidenze ci racconta alcune cose: innanzi tutto che il consumo di alcol è fortemente legato ai momenti di socialità in cui si beve in modo evidentemente eccessivo e si beve non tanto per il piacere di farlo quanto per la voglia/necessità di partecipare ad un rito collettivo.
Sono gli stessi adolescenti, nei focus group abitualmente realizzati da Laboratorio Adolescenza, ad ammettere che la “pressione sociale”, all’interno del proprio gruppo amicale, riguardo l’induzione al bere è forte, ed è molto più forte rispetto all’induzione al fumo (di sigarette, non di sostanze). In altre parole il “non fumo” è socialmente più accettato – e quindi rispettato – del “non bevo”.
Dietro il consumo reiterato di bevande alcoliche (il cosiddetto binge drinking) c’è anche sempre più spesso il gusto della sfida “perde chi collassa per primo” – considerando la resistenza all’alcol un segno di forza – o provocazioni sessiste “se non bevi sei una femmina”. E anche senza arrivare a situazioni in cui si può addirittura configurare un reato (le cronache ne sono piene), una sia pur leggera alterazione da alcol come “essere brilli” (a volte indotta, ma tante volte anche voluta) è comunque un elemento che facilita l’allentamento dei freni inibitori e induce ad una maggiore “disponibilità sociale”.
In altre parole, nel binomio adolescenti-alcol ci sono tutti gli elementi che servono per definire un percorso molto sdrucciolevole in cui ci si può addentrare senza dare nell’occhio più di tanto, almeno all’inizio, e quindi rendendo poco evidenti (per famiglia e scuola) eventuali segnali che possano dare l’allarme. Non sono rari i casi di genitori che vanno a recuperare in piena notte la figlia o il figlio (ritenuti rigorosamente astemi) ricoverati in pronto soccorso per coma etilico.
Prima della pandemia
Venendo alle indagini di Laboratorio Adolescenza, gli ultimi dati pre-Covid disponibili risalgono al 2019 (campione nazionale scuole medie) e al 2017 (campione scuole superiori Milano) e confermano in pieno la situazione sopra descritta. (tabella 1)
Il fenomeno, almeno quello riferito alle scuole medie inferiori, non appare influenzato dalla collocazione geografica, mentre è più accentuato (specie se ci si riferisce alle scuole superiori) tra gli adolescenti residenti nelle aree metropolitane.
Quanto sia forte, inoltre, l’influenza del gruppo dei pari nei confronti dell’ubriacarsi o meno è evidenziato chiaramente dalla tabella 2.
Poi è arrivato il virus
Ma quanto ha influito l’anno di pandemia sul consumo di alcol? La nostra indagine nazionale del 2021 (realizzata su 8500 casi, fascia d’età 12-19 anni) descrive una situazione interlocutoria. La percentuale degli adolescenti che ha affermato di aver bevuto “meno” bevande alcoliche rispetto al passato è del tutto sovrapponibile a quella che ha affermato di aver bevuto “di più” rispetto al solito. È un bere che si riferisce comunque, in larga parte, al bere cosiddetto abituale (essenzialmente ai pasti), mentre ciò che invece è migliorato nettamente rispetto al recente passato è la percentuale di chi ha dichiarato di essersi ubriacato una o più volte. Riferendoci agli studenti delle scuole medie inferiori si passa dal 20,8% (dato 2017) e dal 22,3% (dato 2019) all’odierno 11,0% e, relativamente agli studenti delle superiori, si passa dal 54,3% (dato 2017) al 43,7% di oggi. Ubriacature – lo abbiamo detto – che sono legate essenzialmente al bere in gruppo e non certo al bicchiere di vino o birra bevuto ai pasti. (tabella 3)
Il dato sull’ubriacatura rilevato dall’indagine 2021 (ti sei ubriacato una o più volte) – è bene precisarlo – non è riferito esclusivamente all’ultimo anno, ma alla “storia” individuale, ragion per cui, azzerando o quasi, causa pandemia, le occasioni di ubriacatura (una sorta di anno sabbatico alcol free), si è osservato un calo significativo nella prevalenza del fenomeno.
Se naturalmente prendiamo gli effetti di questa “moratoria” – sia pure forzata – come un dato positivo, la domanda (ed il timore) è se, terminate le restrizioni, possa esserci una sorta di “rimbalzo” con consumi di alcol che schizzano verso l’alto.
Uno degli effetti collaterali negativi prodotti dal “long Covid” sugli adolescenti è la percezione nettissima che questi anni di pandemia stiano facendo perdere loro un “tempo” che non ritorna e che sfuma inesorabilmente tra Dad, mascherine, distanziamento e cautele sociali.
È comprensibile che appena “aperti i cancelli” e riconquistato qualche scampolo di libertà la reazione istintiva possa essere una sorta di desiderio di recuperare il tempo perduto. Come? Concentrando in poco tempo normali attività ed esperienze accantonate per due anni o, molto più semplice da “organizzare”, lasciandosi trascinare in comportamenti altamente trasgressivi vissuti in senso risarcitorio per quello che si è perso? Tra questi – purtroppo i primi resoconti della cronaca dell’estate 2021 lo confermano – c’è certamente l’abuso di sostanze alcoliche.
Sarà comunque proprio la nostra indagine del prossimo anno, che abbiamo già messo in cantiere, che potrà contribuire a darci una risposta più precisa.
A scuola contro l’alcol
Naturalmente il lavoro di indagine è una preziosa fotografia della realtà che aiuta ad identificare un fenomeno, ma non lo affronta o risolve. Laboratorio Adolescenza, con i suoi programmi di formazione ed informazione rivolti alle scuole, cerca – compatibilmente con le proprie forze – anche di identificare qualche strategia di intervento. Un progetto, che sarà realizzato in molte scuole superiori, portato avanti in collaborazione con il Distretto 2041 Rotary di Milano (progetto VIUS – Vita in un Sorso) coordinato dal Prof. Carlo Altomonte.
Ed è con questo obiettivo che il programma 2022 del nostro format “Dillo con parole nostre” (che consiste nel far realizzare, ad adolescenti, delle piccole campagne di comunicazione destinate ad adolescenti) includerà anche il tema della prevenzione del rischio alcol.
Presidente Laboratorio Adolescenza