
Violenza contro le donne: occore cambiare passo. E agire nei confronti delle nuove generazioni: quegli adolescenti che ancora non sono (o non sono completamente) imbarbariti dall’humus circostante.
Oggi è la giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Il “mondo” è pieno di giornate “mondiali” contro qualcosa o a favore di qualcos’altro. Ben vengano, per carità, perché un momento in più di riflessione non fa mai male. E tanto più non fa male su un tema come quello della violenza contro le donne nell’Italia attuale dove i cosiddetti “femminicidi” sono in crescita inquietante. E la situazione è ancora più inquietante se si pensa che dietro ogni donna uccisa si nascondono centinaia, migliaia, di donne che fortunatamente non sono state uccise, ma che vivono inaccettabili situazioni di violenza quotidiana e quasi sempre “domestica”.
Le cronache ci raccontano anche che si sta abbassando l’età media degli uomini criminali; inequivocabile segno che la ferina concezione del possesso della “propria donna” ha fatto breccia anche nelle nuove generazioni. Purtroppo è una drammatica conferma del prendere piede di una perniciosa ignoranza che spesso sordidi “pifferai” favoriscono e sfruttano per i propri interessi. La rivolta contro la cultura e la scienza (no-vax docet), in nome di un sapere popolare acquisito dall’esperienza di vita, è l’abbaglio con cui i populismi blandiscono e illudono da sempre gli ignoranti.
Purtroppo i segnali che arrivano da tutte le parti ci avvertono che siamo vicini ad un punto di non ritorno. Se vogliamo invertire la rotta non possiamo più limitarci a parlare, riflettere e celebrare, ma dobbiamo agire. E dobbiamo farlo proprio con le nuove generazioni; con gli adolescenti che ancora non sono (o non sono completamente) imbarbariti dall’humus circostante.
Dobbiamo cambiare passo e forse registro. Qualche segnale buono c’è, ma dobbiamo rivedere criticamente percorsi teoricamente lodevoli ma che alla prova dei fatti si sono rivelati inefficaci.
Una “luce” è quel “perché il fatto non costituisce reato” della sentenza con cui la Corte di Assise di Torino ha mandato assolto il giovane Alex che aveva ucciso il padre per difendere la mamma e se stesso dalla brutale violenza dell’uomo. Ovviamente la strada non è il “difendiamoci da soli”, ma questa sentenza è una svolta culturale importantissima. Di fronte alla violenza, abituale, reiterata, brutale, non c’è vincolo di parentela che tenga; il fatto – appunto – non costituisce reato, perché c’è un tipo di violenza che non può nemmeno essere considerata umana e le leggi devono tutelare le persone e gli animali (dove e quando serve), ma non le bestie.
Ma ci sono le “ombre”: la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è anche un’occasione per ricordare l’esistenza del numero di telefono – 1522 – anti violenza e stalking. Uno strumento prezioso, senza dubbio, ma che non deve essere un alibi per nasconderci dietro un dito. Già solo se ci riferiamo agli ultimissimi gravissimi casi di cronaca (ma è una storia che si ripete quasi sempre) le vittime avevano ampiamente denunciato le “persone” (quasi sempre ex partner) che le hanno uccise. Segno che la segnalazione, la denuncia è importante ma è solo il primo passo, non quello risolutivo se non si attuano tutte le misure che possano davvero mettere al sicuro le donne minacciate.
Il piccolo contributo di Laboratorio Adolescenza su questo delicato argomento è un video – contro la violenza alle donne – realizzato da un gruppo di studentesse del liceo scientifico Einstein di Milano, nell’ambito dei nostro format “Dillo con parole nostre”, attraverso il quale facciamo realizzare ad adolescenti delle piccole campagne di comunicazione, rivolte ad altri adolescenti, su temi di interesse sociale. Il video in questione – disponibile sul nostro canale YouTube – è un provocatorio elenco degli stereotipi che accompagnano, spesso, una violenza sessuale subita da una ragazza. Ma, proprio in relazione a questo video, onestà intellettuale vuole che si faccia, da parte nostra, anche un’autocritica. Abbiamo certamente utilizzato una “scorciatoia”: siamo andati in un prestigioso liceo del centro di Milano dove le ragazze coinvolte hanno lavorato con impegno partendo da considerazioni che davano per scontate e che erano certamente condivise dal contesto sociale (compresa la componente maschile) nel quale sono immerse. La sfida vera sarebbe stata andare a fare lo stesso lavoro in una scuola di frontiera – sono tante, forse la maggioranza – in cui molte delle “provocazioni” utilizzate dalle ragazze nel costruire il loro video – davvero vi invito a vederlo – con ogni probabilità non sarebbero state interpretate come provocazioni, ma come “ragionevoli” considerazioni.
La violenza sulle donne non ha barriere sociali; i maschi-criminali allignano in ogni contesto sociale ed economico, ma alcuni luoghi comuni che spesso fanno da brodo di coltura per atteggiamenti che possono sfociare in violenza sono prevalentemente figli di una profonda ignoranza che ha purtroppo – ipocrita negarlo – uno stretto collegamento con la marginalizzazione e il disagio sociale.
L’impegno in questa direzione – vale naturalmente anche per Laboratorio Adolescenza – riparta dalle “periferie” e non – per usare un altro luogo comune – dalle zone ZTL.
Presidente Laboratorio Adolescenza