
Ne hanno perse alcune memorabili. Ma agli adolescenti non sono mancate le occasioni di nuove esperienze che senza il Covid non ci sarebbero state, come rileva un’indagine Ipsos per Save the Children.
Gli adolescenti, la pandemia e le “prime volte” negate
“When was the last time you did something for the first time?”, “Quand’è stata l’ultima volta che hai fatto qualcosa per la prima volta?” chiedeva il teaser di una fortunata campagna pubblicitaria nel 2003. Una domanda forte, perché evoca le “prime volte”, quelle che restano incise nella memoria e fanno parte di ciascuno di noi.
Proposto oggi, il quesito diventa provocatorio, specie se rivolto agli adolescenti ai quali – è un dato di fatto – la pandemia ha sottratto – o posticipato, riducendone irrimediabilmente il valore – tante “prime volte” e tante “uniche volte” (come, ad esempio, la festa per i diciott’anni). Eppure…
La cassetta degli attrezzi non è vuota
Eppure anche in tempo di Covid qualche “prima volta” c’è stata. Magari non emozionante, adrenalinica o incancellabile come quelle negate, ma tant’è: qualche nuova esperienza ragazze e ragazzi l’hanno fatta anche in questo periodo e, anche se non merita un posto tra i momenti memorabili della vita, potrà sempre trovare uno spazio nella cassetta degli attrezzi che a volte può far comodo avere con sé.
Abbiamo rintracciato alcuni di questi “utensili” nell’indagine “I giovani ai tempi del Coronavirus” curata da Ipsos per Save the Children, che nei primi mesi del 2021 ha coinvolto 1000 studenti tra i 14 e i 18 anni sul territorio nazionale con l’obiettivo di analizzarne opinioni, stati d’animo e aspettative [1].
Nuove esperienze per più di uno studente su tre
Secondo l’indagine Ipsos, il 38% degli studenti è d’accordo (32%) o molto d’accordo (6%) con l’affermazione “Questo anno di pandemia mi ha permesso di fare nuove esperienze”, con punte che arrivano al 40% e al 41%, rispettivamente, nel Centro e nel Sud del Paese.
Non molto distante è la quota di adolescenti per cui le nuove esperienze hanno avuto a che fare con passioni e interessi: il 32% è d’accordo (24%) o molto d’accordo (8%) con l’affermazione “Questo anno di pandemia mi ha permesso di scoprire nuove passioni/hobbies”.
Inoltre, il 35% degli intervistati dichiara che durante il lockdown ha fatto attività/esperienze nuove (in qualche caso anche più di una) che non avrebbe fatto in una situazione di “normalità”. In particolare: il 21% afferma di avere partecipato a workshop, webinar o eventi online; il 15% di aver preso parte a gruppi di studio extrascolastici; il 6% di aver aderito ad azioni di attivismo digitale.
Nel complesso, i dati trovano un riscontro empirico in diversi progetti che Laboratorio Adolescenza ha attivato attraverso il web nel periodo della pandemia, e che coinvolgono gruppi di adolescenti delle scuole superiori italiane, come la redazione junior di Laboratorio Adolescenza Magazine o “Dillo con parole nostre” edizione 2020-2021.
Le “novità” introdotte dagli insegnanti
Non tutta la Dad viene per nuocere, si potrebbe dire a proposito della didattica a distanza imposta dalla pandemia, che tante criticità ha mostrato anche nella percezione degli adolescenti. Da questa modalità di insegnamento, già nuova in sé per molte scuole italiane, sono infatti scaturite novità interessanti che gli stessi studenti hanno evidenziato anche nell’indagine Ipsos per Save the Children.
Pensando alla Dad, appunto, il 63% degli intervistati afferma di aver rilevato, da parte dei docenti, modificazioni del modo di fare lezione per adattarsi all’insegnamento online. Un cambiamento che, a detta del 19% dei ragazzi, ha riguardato la maggior parte dei propri insegnanti, mentre secondo il 44% ne ha coinvolti solo alcuni.
Quanto alle novità adottate dai docenti nel modo di fare lezione, il 65% dei ragazzi segnala l’integrazione delle lezioni con la fruizione di filmati, video ecc., il 49% rileva la cosiddetta modalità asincrona (lezioni digitali caricate dagli insegnanti su piattaforma e poi liberamente fruibili dagli studenti), il 40% fa riferimento a esercizi interattivi, giochi didattici e test, il 27% annovera l’uso di app, il 25% cita la suddivisione della classe in gruppi, il 18% riporta lo studio di diverse materie insieme per argomenti e il 3% menziona la pratica di giochi di ruolo. Evidente trait-d’union tra le nuove metodologie d’insegnamento, l’accessibilità della rete e le opportunità rese disponibili dalla tecnologia.
Il Covid e le scelte future
E se la pandemia avesse cambiato anche la risposta alla fatidica domanda che ciascuno si è sentito porre almeno una volta nel corso dell’adolescenza? Ipsos ha articolato e integrato il classico “Cosa pensi di fare dopo?” in “Pensando ai tuoi progetti, a seguito della pandemia e del periodo di incertezza in cui viviamo, hai cambiato scelta circa il tuo futuro percorso di studi/professionale?”.
A fronte di un “No” netto del 72%, ad un 6% deciso a cercarsi un lavoro rinunciando all’università/corso di specializzazione e a un 3% che sta valutando se interrompere la scuola (le ultime due scelte sarebbero entrambe legate alle difficoltà della situazione economica familiare), assistiamo a un 19% di “cambiamenti di direzione”.
A beneficiare del ripensamento sono i corsi di Laurea legati alle professioni socio-sanitarie (Medicina, Scienze infermieristiche…) per i quali ha cambiato idea il 4%, gli studi in ambito scientifico ai quali si rivolge il 7% dopo essersi reso conto di quanto è importante la scienza, e l’ambito di studi legato al digitale, che la situazione determinata dal Covid ha fatto venir voglia di approfondire all’8%. Complessivamente, tutti orientamenti che rientrano nell’ambito delle cosiddette classi STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), particolarmente apprezzati dal mercato del lavoro.
[1]
Indagine Ipsos realizzata con metodologia CAWI (Computer Assisted Web Interview) su un campione di 1000 casi di ragazzi di 14-18 anni frequentanti la scuola superiore secondaria, rappresentativo dell’universo di riferimento per genere, area geografica ed età degli intervistati.