
I ragazzi sono stati costretti a viere in una “bolla” casalinga. E nelle lunghe ore insonni dedicate alla navigazione in Internet hanno creato inconsapevolmente un’altra bolla, di tipo culturale.
Di che cosa si tratta?
Fin da piccoli abbiamo la necessità di crescere con delle sicurezze e in particolare abbiamo la necessità di sentire che ciò che amiamo e le opinioni che stiamo sviluppando sono sostenute anche da altri. Ciò avviene anche su Internet, attraverso i sistemi di personalizzazione che sono legati al nostro account personale: i motori di ricerca indirizzano le nostre domande e richieste d’informazione su siti che abbiamo consultato in precedenza e, in base a una “profilazione” dei nostri interessi, siamo valutati (per mezzo di algoritmi) per finalità commerciali. Noi tutti abbiamo radicata la vecchia idea che il vantaggio di questo mezzo sia quello di poter accedere a informazioni e approfondimenti molto vari. Ma oggi invece siamo molto lontani da quella rappresentazione e si parla di fenomeno “bolla”: cioè di quel sapere che i ragazzi acquisiscono attraverso il web e i social e che tendenzialmente rimane chiuso, perché scarta o occulta le opinioni che sono contrarie o opposte alle proprie. Nella “bolla”, si naviga e si vede una realtà ristretta e quando ci si abitua a trovare solo conferme dei propri modi di essere e di pensare si sviluppa meno un pensiero critico e si radicalizzano i propri convincimenti. Il rischio, per chi non ha ancora una personalità formata come i ragazzi, è quello di sentirsi molto più insicuri di fronte a ciò che non si conosce e di sottrarsi ad esperienze di crescita in contesti nuovi e diversi dalle proprie abitudini. Ma come sappiamo è proprio nella differenza e nel contraddittorio che gli adolescenti si formano e hanno la possibilità di meglio comprendere chi sono. (A.M.)
Psicologa