
Il sonno ritardato e la perenne sonnolenza: sono i sintomi della fatica di mantenere un equilibrio difficile nella solitudine e nella perdita di autonomia
Ai ragazzi forse interessa poco sapere perché è importante il sonno e ancora meno credono che dormire bene sia un’attività che renderà loro la giornata migliore.
Tendenzialmente tendono a dare poca importanza alla salute del proprio corpo e quindi non percepiscono se sono in privazione di sonno o se, al contrario, eccedono con i sonnellini giornalieri.
Sono tante le problematiche riscontrate in questo anno di Covid e i cambiamenti delle abitudini di vita dei ragazzi hanno certamente influito anche sui ritmi del sonno. Nella quotidianità quello che succede, con maggior frequenza, è che trascorrono il loro tempo a letto: per seguire le lezioni in Dad, per chattare con gli amici, per guardare YouTube e le serie tv. Il letto è diventato piano piano un luogo dove vivere in un continuum senza interruzioni.
Se da sempre la cameretta era lo spazio in cui rifugiarsi dopo una mattinata a scuola o un pomeriggio di sport, magari all’aperto, dal 2019 il letto è diventato “il dentro e il fuori” in cui stare, inaugurando così un nuovo stato dell’essere dei ragazzi. Si tratta di un modo di vivere “sospeso”, che li pone in attesa di qualcosa, a contatto con poche emozioni, se non quelle mediate da Internet. Infatti, la dimensione prevalente dello stare al chiuso, nella propria abitazione, fa loro realizzare che le esperienze fisiche, il sentire e il percepire con il proprio corpo è qualcosa di secondario, mentre emozionarsi tramite i video sul web o fare videogiochi online appassionanti è prioritario.
In questa nuova esperienza di vita anche il sonno è mutato: si parla da tempo della sindrome del sonno ritardato o di uno stato di sonnolenza perenne durante il giorno e della più nota insonnia.
Queste forme alterate di sonno denunciano la fatica nel cercare di mantenere un equilibrio psicologico.
Sono segnali di un’ansia sottostante, di un disagio che può ricollegarsi ad un senso di solitudine e di tristezza.
I ragazzi avvertono di essere soli, troppo distanti dagli amici. Oppure sentono il disagio di sentirsi sempre più inadeguati agli occhi dei genitori. Questi ultimi sono spesso silenziosi, tendenti alla passività, ritirati nello svolgere gli impegni lavorativi da remoto.
Se durante il primo lockdown la casa era animata, rumorosa e anche luogo di conflitti, ora sembra che lo stesso spazio si sia rarefatto, abitato da adulti affaticati e distratti mentre i ragazzi si collocano sullo sfondo e diventano una presenza invisibile non solo agli occhi degli adulti ma anche ai propri.
La sempre più tenue differenza tra stato di veglia e sonno, attività e riposo, li ha portati verso un’apatia progressiva fatta di impercettibili passaggi da una sensazione di noia, poi di stanchezza, ad uno scarso desiderio, fino ad arrivare alla depressione.
L’aspetto più rilevante di questo anno di vita “sospeso” è dato non solo dalla dimensione ristretta dello spazio in cui vivono prevalentemente, ma anche dalla dimensione del tempo. Questo perché durante la notte i ragazzi vivono un tempo dilatato. Passano ore sugli smartphone o sul pc dove non c’è un prima o un dopo. La ricerca notturna fatta di evasione e tranquillità non si contrappone più ad una giornata densa di impegni e di relazioni con gli altri e il sonno risulta inevitabilmente inquieto e frammentato.
La sensazione prevalente dei ragazzi è che il modo in cui stanno vivendo le loro giornate sia sbagliato. Sentono il peso di non poter modificare nulla della propria vita, di aver perso la possibilità di scegliere liberamente. Accettano di stare in questa attesa vivendo una vita sotto un controllo costante degli adulti. Questo tipo di rapporto ha poco a che fare con un legame o uno scambio costruttivo tra genitori e figli, dà più la sensazione di un obbligo, dove l’importante per gli adulti è non ammalarsi e non mettere in pericolo i famigliari.
Se questa importante perdita di autonomia vissuta dai ragazzi fosse riconosciuta da noi adulti nella sua difficoltà e ricambiata con gratitudine, li aiuteremmo ad affrontare questa limitazione di libertà con maggiore consapevolezza.
Probabilmente si instaurerebbe un rapporto di fiducia tra le diverse generazioni che porterebbe i ragazzi a pensare che anche il loro sacrificio sia stato di aiuto per la società tutta. Infatti, renderli partecipi di come sia difficile affrontare una pandemia globale, far loro sentire che anche il loro contributo è determinante offrirebbe l’occasione di considerare che malgrado le differenze e le difficoltà del periodo apparteniamo tutti ad una comunità umana da proteggere.
Psicologa