
Orari spostati, frequenti risvegli, cellulare sempre acceso: il confronto tra le nostre ricerche prima e durante la pandemia mostra un drammatico aumento dei disturbi del sonno
Uno degli argomenti principali trattati nell’edizione 2019 dell’indagine sugli stili di vita degli adolescenti che vivono in Italia – realizzata da Laboratorio Adolescenza e Istituto di Ricerca IARD – aveva riguardato “il sonno”. Argomento delicato, di cui si sa e si parla poco, perché sono pochi gli studi scientifici sulla materia, specie riguardo la fascia d’età adolescenziale.
Dall’indagine – che si era avvalsa del supporto scientifico della Associazione Culturale Pediatri (ACP) – era emerso che gli adolescenti dormono molto meno di quanto sarebbe necessario alla loro età, vanno a letto molto tardi, fanno fatica ad addormentarsi ed hanno un sonno spesso disturbato da frequenti risvegli.
Passando ai numeri, solo il 6,8% del campione intervistato aveva affermato di dormire almeno 9 ore per notte (“dose” di sonno che gli esperti indicano come opportuna a quell’età), mentre il 20% aveva affermato di dormire meno di 7 ore. D’altra parte, andando a letto tra le 22.00 e le 23.00 (55%) o dopo le 23.00 (28%), di tempo per riposare adeguatamente, specie se si è in periodo scolastico, non ne resta molto.
All’andare a letto tardi spesso contribuisce proprio lo studio. Ovviamente non è che studino a ciclo continuo dal pomeriggio fino a notte fonda (sempre riferendosi ai dati che emergono dalle nostre indagini, la media di ore di studio è – alle scuole superiori – di 2,5 ore al giorno, salendo nei licei e scendendo nelle scuole tecniche), ma è sempre più diffusa – i genitori confermano – la pessima abitudine di studiare la sera, dopo cena. Ma il problema maggiore scatta – leggendo i risultati dell’indagine 2019 – proprio quando, alla buonora, si spegne la luce: il 63% sostiene di avere problemi ad addormentarsi (al 13% il problema si presenta spesso). Oltre il 40% passa da mezz’ora a più di un’ora prima di riuscire a prendere sonno. Anche i risvegli notturni risultano più frequenti di quanto non sarebbe ragionevole aspettarsi da ragazze e ragazzi di quell’età e al 63% capita (qualche volta o spesso) di svegliarsi durante la notte e di non riuscire più ad addormentarsi.
Compagna – ma spesso causa – di questo riposo notturno frastagliato è la socialità H24 garantita, ma forse sarebbe meglio dire “imposta”, dai social e dalla rete.
“Compagna” perché la prima cosa che si fa, se non si riesce ad addormentarsi o ci si sveglia faticando a riaddormentarsi, è rituffarsi in quel mondo che non si spegne e non dorme mai. Non importa che siano contemporaneamente svegli gli amici di sempre, tanto una “serie” da continuare a vedere sulla piattaforma di turno c’è sempre. E se si preferisce qualcosa di più interattivo gli spazi chat a connessione planetaria, dove comunque c’è sempre qualcuno sveglio, perché da lui/lei è giorno pieno, sono alla portata di tutti. Peccato che generalmente queste chat (o videochat) non siano proprio i “luoghi” più raccomandabili per un adolescente ma, diciamocelo, “l’intrigo” è proprio questo. “Causa”, perché un Cultasso di “Lucignolo” c’è in ognuno di noi e non è facile resistere alla tentazione del “paese dei balocchi”.
Amarcord
Già tutto questo – correva l’ormai lontanissimo anno 2019 – allarmava pediatri ed esperti, ma anche la scuola, perché gli insegnanti si ritrovavano in classe studenti addormentati almeno fino alla “ricreazione” delle 11.00, quando grazie al panino ed a un po’ di aria fresca, tornavano a reagire. Tanto da cominciare a mettere in discussione una secolare tradizione nella composizione dell’orario scolastico in cui alle prime ore – dove nei tempi passati la concentrazione degli studenti era maggiore – si mettevano le materie più impegnative e via via nel corso della giornata quelle più “leggere”. Oggi che il 2019 è un “amarcord” che si fatica addirittura a rimettere a fuoco, quei dati preoccupanti della nostra indagine di allora potremmo porceli come un auspicabile obiettivo per il futuro.
Mentre il giornale va in stampa, l’edizione 2021 dell’indagine Laboratorio Adolescenza-IARD sugli stili di vita degli adolescenti che vivono in Italia – che ritorna sull’argomento “sonno” – è ancora in corso, ma già stando ai primi risultati disponibili (non ancora definitivi, ma già sufficientemente stabilizzati per poterne parlare senza rischio di trovarli ribaltati) la situazione, dopo un anno di Covid, di lockdown, di zone colorate e di Dad, appare, sul fronte sonno e dintorni, nettamente peggiorata. A cominciare dall’orario in cui si va a letto: quel 28% che andava a dormire dopo le 23.00 è diventato il 63%. Quel 63% che faceva fatica ad addormentarsi è diventato 73%. I risvegli che non fanno più riaddormentare sono rimasti complessivamente abbastanza stabili, ma la percentuale di coloro ai quali capita spesso è schizzata dal 7% al 15%. Parallelamente i “connessi” H24, che non spengono di notte il telefono e spesso lo utilizzano, sono arrivati al 75% (dal già inquietante 60% che erano). E il dato, sia pure con un crescendo in relazione all’età, è complessivamente riferibile tanto ai diciottenni quanto ai dodicenni (vedi tabella).
Se è pur vero che con la Dad un’ora di sonno persa di notte la recuperano comunque la mattina non dovendo raggiungere la scuola, perché si svegliano 5 minuti prima dell’inizio della videolezione (alla quale si presentano, a cam rigorosamente spenta, in maglietta e mutande forse senza nemmeno essersi risciacquati la faccia con acqua gelata), il saldo-sonno resta comunque negativo. Mentre lo stato “comatoso” nel quale gli insegnati riferiscono di trovarli al momento del primo appello è addirittura peggiore di quello pre-Covid, quando il trasferimento casa-scuola poco o tanto li aveva svegliati.
Ma se anche il saldo (tra ore perse la notte e ore recuperate di giorno) andasse a pari, la cosa non andrebbe bene lo stesso – come spiega Maria Luisa Zuccolo, responsabile del Gruppo di lavoro adolescenza dell’Associazione Culturale Pediatri, che ha direttamente collaborato alla realizzazione dell’approfondimento di indagine sul sonno – perché ritardare più del dovuto il momento di andare a letto può determinare la comparsa di un vero disturbo del ritmo sonno-veglia (la cosiddetta Sindrome da fase del sonno ritardata), dovuto alla mancata sociali (alzarsi per andare a scuola). Il come cercare di riallineare gli “orologi” impone una riflessione, dalla quale non possiamo esimerci, sulla connessione H24, compagna-causa delle notti insonni degli adolescenti. Semmai dovessimo rassegnarci (ma dobbiamo rassegnarci davvero?) all’idea che smartphone e relativa connessione ad Internet e ai Social compaiono già a 10-11 anni, è ammissibile che i genitori non abbiano più nemmeno “l’autorità” (specie nei confronti dei più piccoli) di imporre almeno un coprifuoco notturno? Possiamo chiedere alle mamme e ai papà di “fare i genitori” almeno quando i figli dovrebbero dormire e vietare l’uso di tablet e cellulare quantomeno dalle 21.00 fino a colazione? Anche perché – e su questo gli esperti sono assolutamente concordi – uno stacco dall’interazione con la rete (sia essa un videogioco, sincronizzazione tra ritmo interno (tentativo di dormire in un momento incompatibile col proprio orologio interno) e ritmo imposto dalle esigenze una conversazione in chat o una “serie” su Netflix) ben prima del momento di andare a letto e cercare di addormentarsi è fondamentale per predisporre l’organismo al sonno.
Se il problema persiste…
Dalla lavatrice in su (o in giù), “Se il problema persiste contattare l’assistenza tecnica” è la fatidica frase riportata su tutti i manuali d’uso che sancisce l’impossibilità di gestire in modo autarchico eventuali malfunzionamenti. E se il problema della difficoltà ad addormentarsi non è occasionale – come gli adolescenti intervistati affermano – ma “persiste”, a quale “assistenza tecnica” ci si deve rivolgere? In teoria sarebbe naturale pensare al pediatra o al medico di famiglia (a seconda dell’età), ma nella pratica ci accorgiamo che la scarsa quantità o la cattiva qualità del sonno è raramente (solo in un caso su quattro) argomento che arriva ad essere affrontato col medico. In tempo di Covid – dove si è spesso rinunciato a prestare attenzione a patologie molto più gravi – sembrerebbe quasi scontato, ma una sottovalutazione di questo aspetto ha radici più lontane. Lo conferma Marina Picca, Presidente della SICuPP (Società Italiana Cure Primarie Pediatriche) Lombardia e membro del Consiglio direttivo di Laboratorio Adolescenza, quando afferma: “Noi pediatri dobbiamo iniziare a trattare l’argomento “sonno” con maggiore attenzione. È necessario, con gli adolescenti, porre attivamente domande sul loro sonno e sulle difficoltà che eventualmente riscontrano nell’addormentarsi o nel riaddormentarsi. Anche perché quello che stiamo osservando nei nostri pazienti in questi mesi di pandemia sta mettendo la questione sonno, direttamente o indirettamente, in grande evidenza. Quanto, ad esempio, fenomeni come una maggior irritabilità e un aumento dei capricci che abbiamo riscontrato già nei bambini più piccoli, attraverso una indagine realizzata dalla SICuPP Lombardia (vedi box), possono essere correlati ad una mancanza di sonno?”
Ma i problemi adolescenziali legati al sonno, oltre a non arrivare all’attenzione del medico, spesso non arrivano neanche ai genitori: ne parla con loro solo poco più della metà del campione. Il rimedio più utilizzato è l’assunzione di camomilla e tisane, mentre è in aumento la percentuale di chi fa ricorso a prodotti non farmacologici a base di valeriana, melatonina o altro, o addirittura a farmaci per dormire. Interessante osservare come i comportamenti risentano moltissimo, su questo aspetto, delle differenze di genere, con le ragazze molto più orientate al consumo di tutta la gamma di questi prodotti (vedi tabella). Ragazze che, complessivamente, accusano maggiormente dei loro coetanei maschi la difficolta a dormire.
L’INDAGINE SUI PIÙ PICCOLI
Anche per i più piccoli l’anno Covid ha avuto effetti negativi su abitudini e comportamenti. Lo ha rilevato un’indagine condotta in Lombardia, subito dopo il primo lockdown, dalla Società Italiana Cure Primarie Pediatriche (SICuPP) sezione Lombardia con la collaborazione di un gruppo di ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca e della spin-off dell’Università di Milano-Bicocca “Bambini Bicocca”. L’indagine, svolta attraverso un questionario online che ha coinvolto oltre 3400 famiglie con figli nella fascia di età 1-5 anni e 6-10 anni, ha messo in evidenza due particolari criticità relative ad aspetti fondamentali nella crescita quali l’alimentazione e – appunto – il sonno. Proprio riguardo quest’ultimo i genitori hanno rilevato una riduzione delle ore di sonno (37,4%) e un aumento della frequenza dei risvegli notturni (oltre il 40%), nella fascia 1-5 anni; difficoltà ad addormentarsi (72,4%) e un aumento dei risvegli notturni (30%) nella fascia 6-10 anni. I genitori dei bambini più piccoli hanno riscontrato anche una maggior irritabilità e un aumento dei capricci (oltre l’81%).
A questi problemi si sono aggiunti l’incremento considerevole della fruizione della televisione, un uso massiccio delle tecnologie digitali e un calo dell’attenzione sfociato in generale svogliatezza (registrato dal 54,6% dei genitori).